I militari del Gruppo Tutela Finanza Pubblica del Nucleo di Polizia Tributaria Brescia, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Brescia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 4 persone (3 in carcere e 1 agli arresti domiciliari). Tre degli arrestati (F.S., 56 e G.S. 29, entrambi di Chiari e M.I. 43 di Ospitaletto) vivono e lavorano in provincia di Brescia, anche se F.S. risulta iscritto all’A.I.R.E. poiché formalmente residente in Romania; il quarto (T.B., 32) vive stabilmente a Bucarest (Romania) da una decina d’anni. L’ipotesi di reato per la quale si procede è l’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di reati fiscali, ovvero emissione ed annotazione di fatture fittizie e occultamento delle scritture contabili, riciclaggio dei proventi illeciti con l’aggravante della transnazionalità del reato. L’Operazione “TRANSILVANIA” che ha interessato, oltre al territorio nazionale, anche i territori esteri di Romania (da qui il nome dell’operazione “Transilvania”), Ungheria ed Ucraina, ha preso avvio da una serie di accertamenti posti in essere dal Nucleo di PT Brescia nei confronti di una società, all’epoca dei fatti con sede legale e domicilio fiscale in questa Provincia, rivelatasi, all’esito delle investigazioni svolte, il vero “volano” dell’attività criminosa. I successivi approfondimenti permettevano di individuare due figure (padre e figlio) quali principali attori di un vasto ed articolato sistema fraudolento che ha portato all’accertamento di fatture false per circa 165 milioni di euro e all’individuazione delle “retrocessioni” di denaro contante per un importo complessivo stimato in circa 20 milioni di euro. Le indagini hanno permesso di individuare un sistema di frode reiterato nel tempo, delineando, specificatamente per ognuno dei soggetti coinvolti, funzioni (ed esigenze) distinte, così riassumibili1 : 1. soggetti che hanno ceduto la merce “in nero”, mai comparsi sul piano documentale; 2. soggetti beneficiari, da ricondurre ad aziende operanti nel settore dei rottami metallici, disposte ad acquistare il materiale ceduto “in nero”. Al fine di giustificare il costo sostenuto per tali acquisti, l’acquirente riceveva la fattura da una società “filtro”. Il successivo pagamento bancario al fornitorecartiera veniva in parte restituito rispetto al valore cartolarmente fatturato, ponendo in essere così una vera e propria retrocessione di denaro; 3. soggetti “filtro”, “perno” fondamentale del sistema criminoso, che per giustificare l’acquisto della merce hanno utilizzato in contabilità fatture (oggettivamente) false emesse da altrettante “cartiere” ed emesso altrettante fatture (soggettivamente) false nei confronti dei beneficiari della frode; 4. soggetti “cartiere” creati allo scopo di generare costi fittizi a favore delle società “filtro” e di “monetizzare le somme” da restituire in parte agli acquirenti. Il sistema di frode così ideato, già particolarmente insidioso, si è arricchito di una nuova modalità quanto alla citata “monetizzazione” delle somme. Infatti, durante il periodo d’accertamento, gli indagati hanno trovato “conveniente” e più “sicuro” costituire imprese “cartiere” in territorio estero, nel caso specifico una con sede in Romania ed una in Ucraina, accedendo così alla possibilità di monetizzare le somme attraverso conti correnti bancari radicati su istituti di credito operanti in Romania e Ungheria. L’utilizzo di tali società e le relative “monetizzazioni estere” hanno consentito di ravvisare per il gruppo criminale l’aggravante del “reato transnazionale”. Al fine di recuperare le imposte evase, sono state sottoposte a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente fino a concorrenza del profitto del reato, disponibilità finanziarie e patrimoniali per circa 9,3 milioni di euro. Durante l’esecuzione dell’ordinanza sono stati rinvenuti 158.000 euro in denaro contante e 39.000 euro in assegni circolari sottoposti a sequestro.