Non possono bastare pochi spiccioli di aumento per dare senso all’accordo sottoscritto sul pubblico impiego, dopo sette interminabili anni di blocco contrattuale. Però, è questo il modo in cui intende cavarsela il Governo, con la compiacenza dei sindacati maggiori, rispetto al rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici: attraverso lo stanziamento di appena 850 milioni di euro nella Legge di Stabilità in via di approvazione. Perché se il Ministro della PA, Marianna Madia, parlando al Tg1 ha detto che questa intesa servirà ad "accorciare la forbice tra chi guadagna di più e chi guadagna di meno", come si può pensare di rendere dignitoso lo stipendio di un collaboratore scolastico neo-assunto, che oggi percepisce 1.008 euro al mese, concedendogli un incremento stipendiale di 20-30 euro?
Invece di soffermarsi su questo aspetto dell’intesa, diversi rappresentanti del Governo si stanno rincorrendo nel dire che a seguito dell’accordo raggiunto il 30 novembre a Palazzo Vidoni, gli aumenti per i lavoratori statali di “fascia” alta riceveranno meno, per privilegiare chi guadagna poco: prevarrà, infatti, un approccio alla ‘Robin Hood’. Peccato che questo accostamento – togliere ai ricchi per dare ai poveri – potrebbe avere un senso laddove vi siano risorse congrue da assegnare ai lavoratori. Invece, gli aumenti da dividere tra 3,3 milioni di dipendenti sono a dir poco esigui: se si dividessero equamente, per il 2017 la media di incremento sarebbe di soli 258 euro lordi annui. Che corrispondono a 20 euro lordi, ovvero 14 euro netti mensili. Altro che 85 euro netti. Ammesso, poi, che agli Ata della scuola si assegni un aumento doppio, per la logica tanto sbandierata di “Robin, si potrebbe arrivare a 30 euro netti di aumento. Praticamente, per il 2017 si passerebbe dal “trancio” di pizza di un anno fa ad una cena frugale. Tutto qua.
Il personale della scuola continuerà ad avere un trattamento economico offensivo. E ci mancherebbe che a questi lavoratori, fossero stati tolti pure gli 80 euro introdotti dal Governo Renzi. Perchè se gli ultimi dati Aran ci dicono che il fanalino di coda della Pubblica Amministrazione sono proprio gli assistenti amministrativi, i tecnici e gli ausiliari della scuola, che percepiscono in media meno di 22mila euro di media lordi annui, queste cifre diventano imbarazzanti quando si scopre che la retribuzione dei dirigenti di prima fascia delle Agenzie fiscali raggiunge i 220mila euro annui.
Francamente, non crediamo che possa essere giustificato un gap retributivo così mastodontico, con i secondi che beneficiano di una busta paga dieci volte maggiore del personale non docente. In alto nella “piramide”, si confermano quindi i dirigenti di prima fascia delle agenzie, come le Entrate o il Demanio, seguiti dai colleghi degli enti pubblici non economici, come Inps o Inail, (217mila euro) e dei ministeri (178mila). Guardando alla base, sopra al personale Ata, ci sono gli impiegati di ministeri, Regioni e Comuni (tutti intorno ai 28mila euro).
Subito dopo arrivano i docenti della scuola pubblica, che non raggiungono quota 30mila euro medi annui: basta dire che un docente d’infanzia e primaria neo-assunto prende 1.262,39. E lì rimarrà fermo per otto anni, qualora non avesse svolto supplenze. Ma sono tutti gli insegnanti italiani a ricevere un trattamento analogo a quello degli impiegati: stiamo attorno ai 1.400 euro, al massimo 1.500 euro, di media al mese. A ben vedere, non sono cifre molti diverse anche rispetto al comparo privato, visto che è quanto più o meno percepiscono i metalmeccanici. I quali, proprio in questi giorni hanno portato a casa un contratto decisamente più vantaggioso rispetto all’accordo sottoscritto per il pubblico impiego.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “questo accordo quadro sul pubblico impiego ha tutta l’aria di essere finalizzato a ricevere consensi politici. E non certo dai lavoratori della scuola. I quali, lo sappiamo bene noi, sanno bene quante difficoltà incontrano per vivere del magro stipendio che lo Stato gli conferisce. Se il Governo avesse davvero voluto andare incontro ai docenti, il dipendente pubblico oggi dovrebbe aver dovuto avere lo stesso 20 per cento in più nel settennio concesso ai colleghi metalmeccanici, che lo scorso fine settimana hanno sottoscritto il nuovo accordo a queste condizioni. Che, a fronte di uno stipendio medio di 1.500 euro, fanno 300 euro a lavoratore. Invece – conclude Pacifico – ci troviamo ancora una volta costretti ad invitare docenti e Ata a rivolgersi al giudice, per recuperare almeno l’indennità di vacanza contrattuale attraverso appositi ricorsi in trbunale”.