di Nicola Currò
La clamorosa vittoria del "no" al referendum costituzionale indica incontrovertibilmente che il voto è stato un voto politico. Solo una minima parte ha votato sui veri contenuti del quesito, tutto il resto è stato voto di protesta contro Renzi. Se il trionfo dei "no" si rivelerà un bene o un male per l’Italia lo capiremo nel tempo, intanto non ci rimane che "goderci" la crisi politica in atto e sperare in una soluzione dignitosa.
Nell’attesa che all’interno dei palazzi trovino la quadra per dare all’Italia un nuovo governo, dopo l’autorottamazione renziana, proviamo a cimentarci in quello che sembra essere divenuto lo sport preferito di molti: disquisire sui possibili scenari politici dell’immediato futuro.
A scanso d’equivoci rileviamo che ci sarebbe piaciuto molto poter verificare il funzionamento delle istituzioni con la nuova Costituzione, senza più bicameralismo perfetto, con il riaccentramento statale di alcune materie regionali e cendendo sovranità all’Ue. La vittoria del "sì", siamo certi, avrebbe inoltre accelerato il processo di nascita del Partito della Nazione e con esso saremmo giunti in tempi brevissimi a nuove elezioni con la legge elettorale in vigore ovvero l’Italicum. Che queste fossero le intenzioni di Renzi & co. lo dimostrano le dichiarazioni fatte da Alfano e Guerrini che auspicano elezioni già a febbraio.
Che il nostro sia puro esercizio retorico non v’è dubbio, un conto è infatti la teoria politica e uno è la pratica. L’Italicum è una chiara evidenza di questa discrepanza tra teoria è realtà, cosi una legge nata per favorire il Pd è contrastare l’avanzata del M5S si è rivelata una legge a uso e consumo proprio di coloro che si voleva contrastare.
Se il trionfo dei "no" si rivelerà un bene o un male per l’Italia lo capiremo nel tempo, intanto ci si può consolare pensando che forse si è evitato un disastro ben peggiore del risultato referendario. Il 60% si sarebbe potuto materializzare alle elezioni col risultato di consegnare l’Italia proprio al M5S il quale, con la nuova Costituzione, avrebbe avuto la possibilità di fare e disfare a proprio piacimento. Con l’aggravante che il Senato sarebbe stato a maggioranza Pd e quindi l’ingovernabilità assicurata.
Da tutta questa vicenda l’unica morale che si può trarre è che le riforme hanno un senso se rispondono a un bisogno espresso dalla realtà, viceversa divengono puro esercizio di potere.