Che la Comunità Europea sia un brontosauro di burocrazia, non è una novità: per cui ogni volta che bisogna cambiare qualcosa, il procedimento e’ lungo, farraginoso, complicato e -sostanzialmente- mai tempestivo. E’ uno dei tanti deficit che abbiamo per il fatto che di avere un Unione poco politica e succube delle singole volonta’ nazionali. Ora stiamo vivendo un periodo di contestazione di questo assetto che si manifesta anche in forme estreme, come l’uscita da questa Unione. Alcuni “impreparati” e “’politici nostrani all’ingrosso” leggono in questo senso anche il recente risultato del referendum che ha bloccato la riforma della Costituzione. Ma i problemi sono molto, ma proprio molto piu’ grossi. Cosi’ noi leggiamo, per esempio, il segnale che ci e’ arrivato dalla Brexit e, notizia di ieri, dallo spostamento della base fiscale della multinazionale McDonald’s da Lussemburgo a Londra (1). Il ristorante globale dell’hamburger ha, con questa scelta, parato le prossime mosse della Commissione europea per impedirgli di avere facilitazioni fiscali da singoli Stati che l’Unione stessa valuta come lesivi della concorrenza. Ma, a parte che apre anche una nuova luce su una presunta nuova missione del Regno Unito per diventare una sorta di “Singapore del Tamigi”, il problema che piu’ ci riguarda e’ che l’Ue ne esce indebolita. Non perche’ non sia giusto combattere contro la concorrenza sleale, ma perche’ in un’economia di mercato, nel 2016, lascia perplessi il fatto che ci si faccia sfuggire un colosso del genere e che, sostanzialmente, il proprio assetto economico non sia attrattivo. Certo, abbiamo a che fare con chi vuole pagare meno imposte e per questo e’ disponibile a tutto, ma perche’ la nostra Unione non deve essere attrattiva in questo senso, considerato anche che al nostro interno abbiamo Paesi, come l’Irlanda per esempio, che hanno imposizioni fiscali per le aziende al 12,5%, rispetto a Londra che oggi (a Brexit non ancora attuata) si stanno avviando al 20% nel 2020? Cosa c’e’ che non basta al 12,5% dell’Irlanda da far favorire il 20% britannico, solo il fatto che quest’ultimo a breve sara’ fuori dell’Ue? E quanto e’ importante, per un McDonald’s, il regalo di Stato del Lussemburgo che gli ha provocato l’apertura dell’indagine per concorrenza sleale, si’ da farlo scappare nonostante, per esempio, avrebbe potuto semplicemente migrare in Irlanda dove la percentuale di imposizione fiscale e’ si’ bassa da far pensare di fare a meno di questi regali ritenuti sleali?
Le risposte a queste domande sono complesse e non facili e di non immediata soluzione. Si puo’ -con tanta volonta’ politica- cercare di intraprendere un percorso che abbia come obiettivo il rendere attrattivo il sistema economico europeo rispetto alla domanda di liberta’ e intraprendenza economica che oggi pervade il Pianeta.
Qui, all’avvio di questa riflessione, possiamo solo accennare ad un punto fermo: la rimessa in discussione delle conquiste e dei diritti del lavoro e del consumo, delle liberta’ economiche ed individuali, delle assistenze sociali ed umanitarie deve si’ essere presa in considerazione, ma non per farle venire, bensi’ per armonizzarle con l’economia collaborativa e non solo. E qui il ruolo dell’Unione e’ centrale: senza l’Unione politica, senza l’Europa dei cittadini (e non degli Stati e delle Patrie), i tentativi continueranno ad essere inadeguati e non al ritmo della domanda e dell’offerta. L’alternativa e’ una sorta di mannaia che ci caschi addosso, dando ragione a quelli che abbiamo chiamato “impreparati” e “’politici nostrani all’ingrosso”. Siamo disposti a farci governare da questi ultimi, ognuno chiuso nel suo giardino o nel proprio slam?
Oggi e’ McDonald’s, domani?
Vincenzo Donvito, presidente Aduc