Dal salmo 146
Vieni, Signore, a salvarci.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.
di Ettore Sentimentale
Questi versetti (6-10) che la liturgia ci propone sono tratti dalla seconda parte di questo salmo “alleluiatico” (così denominato perché assieme ai poemi che seguono inizia e si conclude con il grido prorompente di lode “Alleluia”), posto all’inizio della dossologia finale del salterio, inaugurando così in un coinvolgente crescendo “l’hallel conclusivo”. La sua datazione, risale sicuramente al periodo post-esilico, mentre la sua origine è da collocare nell’ambito liturgico.
Dopo la solenne ouverture (“Alleluia. Voglio lodare il Signore. /A lui canterò pe tutta la mia vita,/ loderò il mio Dio finché avrò vita”, vv.1-2) il salmista passa in rassegna i motivi per i quali lui per primo e poi l’intero creato devono lodare il Signore.
Lo sfondo entro il quale il poeta canta le lodi di Dio è chiaramente quello dell’alleanza attraverso la quale l’autore rilegge l’intervento celeste. Lo fa ponendo nel Signore tutta la sua fiducia.
Il leit-motiv di questa lode risiede nell’esperienza religiosa del salmista: la forza di Dio è a servizio della verità e della giustizia…A differenza di quanto avviene fra i potenti del mondo che – abusando della loro posizione preminente – creano sempre più vittime.
In filigrana l’autorebiblico, attraverso il canto di lode, rilegge la sua storia, quella del suo popolo e quella di ogni uomo: Dio salvatore, “fedele per sempre” si prende cura dei suoi figli.
Inizia quindi a elencare le categorie bistrattate verso le quali Dio volge il suo sguardo: oppressi, affamati e prigionieri. Purtroppo anche oggi, seppur in modo diverso, permangono queste categorie “protette” che alimentano il vasto mercato dell’assistenzialismo. Peccato che non si dica chiaramente che tale situazione incresciosa è la diretta conseguenza di tanti potenti che spadroneggiano attraverso leggi inique e un’economia da “giungla” nella quale l’animale più potente elimina quelli più fragili…
L’elenco degli esclusi del sistema (ciechi, affaticati, stranieri) continua e viene abilmente sintetizzato da due classiche categorie di emarginati (orfani e vedove) che, essendo senza difesa, sono vittime designate di profittatori senza scrupoli.
Il salmista però non vede solo “nero”, ma scorge pure i giusti che, difesi dal Signore, sconvolgono i progetti degli empi.
Se la Liturgia della Parola ci fa pregare questo salmo nella Domenica della Gioia (“Gaudete”) penso che il motivo sia ben chiaro: il popolo di Dio deve rallegrarsi perché il Signore è resta il suo Dio per sempre.