Bisogna abbattere il clericalismo dal quale il parassitismo nasce e si alimenta

Ricevo e trasmetto:
“Ho letto con molto piacere il tuo ultimo articolo su IMGPress, non solo per il suo contenuto, ma per lo “stile” chehai inaugurato nei tuoi scritti, quello, cioè, di usare, per esigenza di chiarezza e di realismo, i termini, comemere qualificazioni dicomportamenti, anche se talvolta ad alcuni possono apparire abbastanza “pesanti”. Fra questi il termine “stupido”, dato a quel parroco, che delega la sorella a sostituirlo. Del resto non poteva esserci altro termine adatto a lui. Bravo!

Prof.O.S

di Andrea Filloramo

Prendo spunto da quanto mi scrive un professore, mio amico, conosciuto a Messina quando nel 1986 eravamo ambedue commissari di maturità in un Liceo. Chiariamo, innanzitutto il termine di stupido o meglio di “stupidità”, usato da me. Esso indica "incapacità" e "carenza", sul piano materiale e su quello morale. Lo storico Carlo M. Cipolla definisce lo stupido “una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita". Il termine, perciò, non è soltanto un insulto. Sono fortemente convinto, però, che anche l’insulto, che fa parte del linguaggio umano,se si dà con una certa classe, vuol dire che ci sono dei seri motivi per ricorrervi e che ci sono argomenti che solo un buon insulto, può risolvere. Se prendiamo, per esempio, un altro termine adattabile a quel prete, cioè “parassita”, trasferendolo da un piano biologico a quello sociale e superando la retorica sul “parassita nullafacente e fannullone” che è il massimo oltraggio da attribuire a una persona per denigrarne la rispettabilità, esso è il termine più idoneo per qualificare il comportamento di quel prete che lasciando le “briglia sciolte” alla sorella, gode dei privilegi e dello stipendio del suo essere parroco. Vogliamo passare dal particolare al generale, anche per non tediare parlando ancora di quel prete? Attenzione! Nessuno pensi che io ritenga che tutti i preti o tutti i parroci siano dei parassiti, ma che anche fra i preti o fra i parroci, come sostiene Giuseppe Garibaldi, che si riferisce, però, ad altri tempi è ancora presente il “parassitismo“. Egli parla del “fenomeno della insaziabile tendenza (….) al solo godimento dei beni materiali” e dice che essa “ è cosa a tutti nota, mentre pur tutti sanno egualmente che per il resto del mondo, cioè per chi non è prete, essi predicano e millantano i beni spirituali d’una vita avvenire colla gloria del paradiso! (………) Agli stolti l’ignoranza e la miseria, per la maggior gloria di Dio; ai preti la crapula, ricchezze e lussuria, sempre per la maggiore gloria di Dio!”. Paradossalmente quanto pensa il massone Garibaldi, se espurgato, va a braccetto con quanto dice e pensa papa Francesco sui preti parassiti. Andiamo a qualche particolare prettamente locale, cioè la diocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, dove noto che il fenomeno dei parassiti è ben presente in qualche sua anche se storica istituzione. Mi riferisco al Capitolo della Cattedrale, ovverossia dei “canonici”. Leggo, pertanto, su Internet: “Duomo, ore 9, Festa del Capitolo Protometropolitano – Mercoledì 21 Gennaio 2015, memoria liturgica di Sant’Agnese. Si svolgerà nella Basilica Cattedrale di Messina il tradizionale incontro annuale del Capitolo Protometropolitano. L’appuntamento di preghiera e condivisione, organizzato dal Decano Mons. Angelo Oteri, prevede alle ore 9.00 la celebrazione corale della Preghiera delle Lodi presieduta dal Canonico Mons. Antonio Caizzone e alle ore 9.30 la celebrazione della Santa Messa presieduta dal Canonico Mons. Vincenzo D’Arrigo. All’incontro parteciperanno i Canonici, in veste talare con cotta e mozzetta segni distintivi della loro dignità canonicale, che compongono l’antico ed illustre sodalizio che un tempo reggeva le sorti della Cattedrale di Messina e della sua Arcidiocesi”. Importante la tradizione ma non i titoli di “monsignore” o “i segni distintivi della dignità canonicale”, che separano gli appartenenti al clero, riconoscendo meriti che forse non ci sono. Mi perdonino i canonici o meglio i monsignori menzionati, alcuni dei quali io stimo, che sicuramente non sono parassiti, ma appartengono a un sodalizio, al quale aspirano tanti preti “parassiti”, che vorrebbero anche loro indossare i “segni distintivi della dignità canonicale” e dove il “parassitismo” può essere considerato l’emblema…Bisogna, quindi, abbattere il clericalismo dal quale il parassitismo nasce e si alimenta e al quale i preti sono culturalmente legati, che, come dice Papa Francesco “è uno dei mali più seri nella Chiesa, si discosta dalla povertà. Il clericalismo è ricco. E se non è ricco di denaro, lo è di superbia. Ma è ricco: c’è un attaccamento al possesso. Non si lascia generare dalla madre povertà, non si lascia custodire dal muro povertà".Mi piace finire con una espressione di Ernest Renan: “Nessuno mai è stato meno prete di Gesù, o più ostile alle forme, che mentre sembrano proteggere la religione, la soffocano”.