Sia Accornero che Introvigne per i loro studi su San Murialdo fanno ampio riferimento alla monumentale opera di Armando Castellani, ricchissima di informazioni sul santo torinese. Murialdo è stato un grande comunicatore, infatti incisiva e vasta è stata la sua attività nel settore della stampa popolare, sociale, educativa, che egli inserisce nel più ampio contesto della cultura, dell’educazione cristiana e della formazione di una corretta opinione pubblica.“La verità condita con la carità”, è il suo motto.
Una delle preoccupazioni fondamentali di san Leonardo, come del già venerabile Lanteri, fu quella della buona stampa.“La Rivoluzione – diceva – spadroneggia oggi il mondo; sì, ma perchè si è impossessata della stampa quotidiana, che forma il cibo quotidiano di tutti i cittadini”. Praticamente secondo Murialdo, la stampa,“liberale, ossia anticattolica”, domina dappertutto, peraltro,“è l’arma della Rivoluzione, dell’incredulità, dell’errore, della framassoneria”. Come reagire a questa egemonia? Questo nemico, bisogna,“combatterlo con le sue stesse armi e non dare tregua alla setta”; sostanzialmente occorre,“opporre alla stampa liberal-massonica una stampa cattolica”. Ecco perchè nacquero associazioni per la diffusione della buona stampa, seguendo il programma che già era stato delle Amicizie lanteriane, e anche quello analogo di iniziative francesi.
Ben presto Murialdo fu nominato presidente della sezione stampa dell’Opera dei Congressi.“Nell’apostolato librario impegnò anche le spose e le madri cristiane, – scrive il professore Massimo Introvigne- affinchè in questo senso operassero anzitutto nelle loro famiglie, creando un Movimento femminile della buona stampa. Organizzò pure, in modo sistematico, la diffusione dei giornali cattolici, privilegiando le pubblicazioni più intransigenti[…]”, in particolare l’Armonia, e poi L’Unità Cattolica, del teologo don Giacomo Margotti. Praticamente san Leonardo considerò sempre“il giornalismo come un vero apostolato, importante e necessario: e sognava ‘giornalisti cattolici’ che fossero ‘ i nuovi crociati e cavalieri dell’epoca moderna’”. (M. Introvigne, San Murialdo (1820-1900), n.44 dicembre 1978, Cristianità)
Diverse sono le iniziative di san Murialdo in questo settore, si va da un catalogo dei buoni libri per la gioventù, alla prima “Biblioteca circolante cattolica torinese”, fino al settimanale diocesano“La Voce del popolo”. Le attività di apostolato religioso sociale vengono incoraggiate da Pio IX e poi da Leone XIII, con la pubblicazione dell’enciclica, “Etsi nos”. Leone XIII esorta i cattolici a favorire e promuovere in tutti i modi la buona stampa per fronteggiare l’anticlericalismo massonico, il socialismo materialistico e il liberalismo rivoluzionario.
L’epoca in cui è vissuto il nostro santo vedeva dispiegarsi soprattutto a Torino una massiccia propaganda valdese ed evangelica, finanziata dai protestanti inglesi e svizzeri e incoraggiata da Cavour. In pratica secondo Introvigne,“le autorità liberali e massoniche del Piemonte risorgimentale cercavano di servirsi delle sette protestanti per estirpare il cattolicesimo presso i ceti popolari”. Fu don Bosco a chiamare Murialdo in prima linea nell’azione antiprotestantica, nominandolo direttore dell’oratorio San Luigi, che era vicino a un tempio valdese di Torino, i cui frequentatori sovente assalivano gli alunni dell’oratorio con sassaiole. Non solo ma pare che anche dalle finestre qualcuno si mise a sparare contro i sacerdoti del San Luigi.
San Murialdo in una infuocata omelia esortava i torinesi a “non lasciare partire la fede dal nostro suolo. Non lasciamo che lo straniero ci rapisca il più prezioso dono dei nostri avi[…]”. Per tutta la vita Murialdo,“considerò sempre il pericolo protestante una minaccia diretta non solo contro la fede ma anche contro l’unità morale e spirituale della patria”.
Non solo il protestantesimo ma il Murialdo dovette impegnare la sua azione apostolica contro un nuovo e formidabile nemico, contro quella che egli chiama “la lega anticlericale e antidivina: la massoneria”. Sinteticamente san Murialdo pensa che“i frammassoni sono gli autori di tutti i mali temporali, religiosi e sociali che affliggono la nostra Italia”. Per il santo, la massoneria, è “la primogenita di satana”, essa è “criminale nella sua organizzazione segreta, immorale nei suoi principi, empia nella sua dottrina, irrazionale e perversa nella sua azione”. E’ una setta diabolica che“manovra Re, parlamenti e governi al servizio di Satana, seminando vittime al suo passaggio”.
Quelle di Murialdo, sono parole chiare e molto forti, che per la verità, padre Accornero, nel suo “Il Pioniere. Leonardo Murialdo tra i giovani e mondo operaio” (Paoline 1992), dà poco risalto, mentre Introvigne li utilizza ampiamente, sempre facendo riferimento ai volumi del Castellani. Infatti secondo lo storico, san Murialdo percepì il suo come un tempo di “gigantesca lotta fra il bene e il male”, e con ogni sforzo si studiò di suscitare“un’armata cristiana”, un“esercito di San Michele”, una “lega immensa di azione e di preghiera contro le società massoniche”. Sono termini che a qualcuno non possono piacere, ma i tempi erano quelli; i cattolici, che erano la maggioranza del Paese, si sentivano defraudati, accerchiati da una agguerrita èlite che li aveva emarginati dalla società civile.
San Murialdo conosceva bene la massoneria, l’ha studiata, raccogliendo notizie e documenti. Promosse e organizzò a Torino un congresso di universitari antimassonici e poi nel 1886, fondò una Lega Antimassonica, che si estese in tutta Italia, promuovendo, poi il Congresso Antimassonico Internazionale di Trento.
Per tutto questo, sia Murialdo che i suoi collaboratori subirono condanne, sequestri e processi penali. Il santo reagì con il consueto vigore: denunciando, organizzando, contrattaccando.
Nel 1880, affermava,“Una grave minaccia incombe sulla Chiesa, sulla società e sulla nostra patria, la più grave e pericolosa; l’assassinio delle anime dei giovani, perpetrato per mezzo della scuola laica, grazie a una legislazione anticlericale, settaria ed ipocrita, e da insegnamenti senza religione, armati di programmi, armati di programmi senza Dio”. Infatti, Murialdo ricordava ai genitori cattolici che “non era lecito inviare i figli alle scuole laiche, ‘senza Dio e senza morale’”. Addirittura Murialdo, di fronte alla scuola anticattolica di stampo liberale, era convinto che“dovere dei dei padri è educare i figli in casa o di ‘unirsi insieme vari padri di famiglia e scegliersi un maestro”. Pioniere anche nella scuola familiare, la homeschooling?
Queste iniziative dimostrano quanta importanza dava il santo torinese ad un’azione civica e sociale efficace e coraggiosa. “La lotta contro gli ‘Stati laici e laicizzatori’ era per lui ‘la crociata del XIX secolo’: Dio lo vuole! Dio è con noi!”.
Inoltre nell’ultimo periodo della sua vita Murialdo “indicò ai cattolici, non senza una profetica chiaroveggenza, il pericolo costituito dalla nuova forza sovversiva e anticristiana che si andava organizzando: il comunismo”.
Per questo san Murialdo riproponeva, scrive Introvigne,“la necessità di un apostolato presso gli operai che, scristianizzati dalla propaganda liberal-massonica, divenivano poi facile preda dell’attivismo marxista”.
Un’altra battaglia a cui Murialdo, “sarebbe stato disposto a dare la vita”, fu quella per Roma e per il Papa”. A questo proposito, scrive Introvigne:“San Leonardo, piemontese e nobile, visse certo in modo particolarmente drammatico, il cosiddetto ‘caso di coscienza del Risorgimento’, nel contrasto tra la fedeltà al suo re e quella alla Chiesa e al Pontefice. Tuttavia, secondo il professore Introvigne,“non corrispondono però al vero le affermazioni di qualche articolista moderno secondo le quali egli tenne un atteggiamento ‘ moderato’ e ‘conciliante’ a proposito della questione romana”. E questo mi sembra il pensiero di don Accornero.
“Già nel 1861, di fronte a un pubblico di laici torinesi, il santo dichiarava senza equivoci che ‘il vero cattolico obbedisce e serve prima alle leggi di Dio e poi a quelle degli uomini’, e che “quando sono in causa i diritti della Chiesa, quando sono in giuoco gli interessi delle anime, come nel presente tempo di lotta e di calamità e nella spinosa questione romana, questa fedeltà si dimostra con il sacrificio di tutte le vedute umane e personali, senza timore dei rischi […] con uno zelo fattivo nel difendere il Papa e la sua libertà”. Parole scritte per oggi? Possono valere per chi spera in una Chiesa progressista, ma anche per chi critica la Chiesa, dal fronte tradizionalista, meglio fondamentalista.
Pertanto per Murialdo, bisognava, difendere,“il potere temporale per obbedienza e per convinzione”. In conclusione, aggiungeva:“come non accorgersi che le società segrete, i rivoluzionari, i nuovi giacobini, i sovversivi, che dicono di volere compiere l’unità della patria, attaccano il Papa nel suo potere temporale per arrivare a colpire il suo potere spirituale, al fine di distruggere la Chiesa, il Cattolicesimo, il Papato?”. E’ evidente che san Murialdo,“Alle violenze rivoluzionarie egli rispose potenziando il carattere intransigente e romano delle proprie iniziative, e moltiplicando i pellegrinaggi a Roma di sacerdoti e soprattutto di laici piemontesi[…]”.
Comunque sia come si può evincere dalle lettere, discorsi e interventi, come documentano biografi e studiosi, il Murialdo si schiera sempre e comunque con il Papa, senza sbavature né tentennamenti, come capitò con la promulgazione del Sillabo di Pio IX.
Sulla “questione romana”, san Murialdo, ha le idee chiare Anche se il santo non si farà mai contagiare da“atteggiamenti fatalistici e dimissionari”. A questo proposito Accornero, reputa Murialdo un intransigente con spirito critico: certamente è papista, ma non “codino”. Anzi per certi versi può essere considerato un vero “progressista”, per tutte le opere che ha fatto. Penso al 1851, quando firmò,“un contratto di lavoro per apprendisti”, il primo in Italia. Pertanto per Accornero,“è un grave peccato di omissione storica ignorare volutamente gli immensi apporti del mondo cattolico nei campi della promozione e solidarietà umana, della carità cristiana e i contributi alla soluzione dei problemi più scottanti. Per il sacerdote giornalista, è“una carenza di memoria storica da imputare anzitutto al mondo cattolico”.
Lo ha evidenziato anche monsignor Franco Peradotto, in occasione della canonizzazione del Murialdo nel 1970. Dopo aver ricordato le sue opere e scelte della sua vita, ha detto:“se un rammarico abbiamo in questi giorni in cui Torino tributa onori particolari al suo primo cittadino proclamato santo è che Murialdo sia troppo poco conosciuto per quel che disse e quel che fece aldilà della pure importante fondazione di una congregazione religiosa tanto benemerita”. Praticamente non possiamo liquidare l’opera di questo grande santo con il fatto che ha fondato la solita congregazione religiosa. Credo che lo studio del sociologo Massimo Introvigne, anche se datato, vada nella giusta direzione, di dare la giusta collocazione alla grande figura del santo torinese.
Domenico Bonvegna
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