Era uno dei più attivi gruppi imprenditoriali operanti a Ladispoli e nei dintorni di Roma, con varie strutture di intrattenimento e divertimento, molto conosciute dagli scambisti per essere location di incontri “a luci rosse” e che “di culturale” avevano ben poco. Peccato che il titolare, un cinquantenne ladispolense, aveva pensato bene di mascherare le varie attività commerciali ricorrendo alla veste di “associazione culturale”, al fine di beneficiare del regime fiscale di favore previsto per il c.d. “terzo settore”. Con questo artificio sono stati occultati al Fisco, per sei anni di imposta, ricavi per 3,6 milioni di euro evadendo l’IVA sulle prestazioni erogate ai clienti per oltre 635.000 euro, come appurato dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma al termine di verifiche fiscali nei confronti di sei “associazioni culturali”. Dai controlli delle Fiamme Gialle della Compagnia di Ladispoli, svolti con la collaborazione del personale dell’I.N.P.S. e del Commissariato della Polizia di Stato di Civitavecchia e il supporto dell’Agenzia delle Entrate, è anche emerso l’impiego di 31 lavoratori “in nero” e violazioni alla normativa sulla tutela della “privacy”, non essendo gli avventori informati della presenza di telecamere in una delle strutture. Lo stratagemma funzionava perfettamente, come dimostrato dalla clientela che tutti i giorni affollava i locali delle fantomatiche associazioni, soprattutto quelli destinati agli scambi di coppia. Infatti, il risparmio conseguito con il mancato versamento delle imposte ha consentito di praticare prezzi più bassi rispetto alla concorrenza garantendo comunque lauti guadagni al titolare.