
Dal Salmo 103
Il Signore è buono e grande nell’amore
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.
Il salmo che la liturgia presenta alla nostra riflessione è un inno di benedizione e di ringraziamento al Signore perché ha operato tanti di quei benefici che l’autore non potrà mai dimenticare. Quali? Sostanzialmente ha manifestato la sua capacità illimitata di perdono. In effetti, questo componimento appartiene al “salmi penitenziali” con una particolare prerogativa rispetto agli altri poemi di questo genere: il salmista, infatti, più che chiedere perdono per i suoi peccati, ringrazia Dio per il perdono già ricevuto. Questo è l’antefatto da cui scaturisce la vera motivazione della lode.
L’articolazione della sezione in oggetto è un’esplosione di gioia attraverso la quale vengono descritte le “operazioni” divine, in un notevole crescendo sinfonico. Il Signore è colui che perdona, guarisce, salva e usa misericordia: quattro pennellate che da sole basterebbero a descrivere i caratteri divini. Di queste sfaccettature, la più immediata e intrigante – stando all’esperienza del salmista – è senza dubbio la misericordia, la quale è infinita se commisurata all’entità della colpa umana: “non ci ripaga secondo le nostre colpe”.
Qui abbiamo la “strana” motivazione del canto per la quale all’esordio del testo l’autore “si esorta” a “non dimenticare” tutte le grazie ricevute dal Signore. Solitamente nelle invocazioni salmiche è l’orante che chiede a Dio di non dimenticare l’alleanza stretta con il suo popolo, un fiume di persone dalla dura cervìce.
Di particolare rilievo sembra anche il rapporto perdono/guarigione (“guarisce tutte le tue infermità”), alquanto presente nella Scrittura, che sottolinea sempre come il perdono di Dio è il passaggio obbligato verso la grazia e la salvezza.
L’ultima pennellata che colora il modus operandi di Dio è carica di tenerezza infinita e rappresenta una metafora esistenziale sulla quale si dovrebbe riflettere in religioso silenzio: “Come un padre è tenero verso i suoi figli, così Dio è tenero su coloro che lo temono”. Abitualmente Dio agisce così: con amore infinito, invisibile all’occhio umano, impercettibile in tutta la sua portata, inimmaginabile. I sentimenti veri e sinceri dell’autore, passano così dalla consapevolezza del peccato suo e della comunità (“non ci tratta secondo i nostri peccati”) alla chiarezza che non c’è distanza abissale (“quanto dista l’oriente dall’occidente”) tra l’uomo e Dio che non possa essere colmata dall’amore di un padre per i suoi figli.
Così insegna Gesù in Lc 15,31: “Figlio, tu sei sempre con me…”.