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Città bloccate e senza servizi privati di trasporto pubblico. Questa è la situazione determinata dagli scioperi dei taxisti contro l’emendamento della sen. Linda Lanzillotta al disegno di legge Milleproroghe: la proroga al 31 dicembre del termine per l’emanazione del divieto contro l’esercizio abusivo del servizio taxi e di noleggio con conducente. Proroga che dovrebbe servire a prendere tempo per varare il piano del trasporto. Il Tentativo del Parlamento, quindi, di prendere atto delle nuove realta’ (Uber, per esempio) che stanno scombussolando il mercato, con grandi vantaggi per l’utenza. Tentativo sul quale la corporazione dei taxisti cerca di porre il suo pesante veto con metodi incivili e violenti che possiamo toccare con mano in tutte le città in questi giorni. I taxisti, che mediamente hanno pagato (spesso al mercato nero) fior di quattrini le loro licenze, sostengono che non può arrivare l’ultimo e, senza spendere un centesimo, ritrovarsi ad avere i loro stessi privilegi. Sul piano formale i taxisti potrebbero anche avere ragione, anche se -per quanto ci riguarda- le ragioni che cercano di affermarsi con la violenza ci portano sempre a pensare il contrario. Sul piano sostanziale, però la questione è in modo diverso. Sostanza che significa: nuove tecnologie, nuovi lavori, riduzione dei costi, apertura del mercato del lavoro soprattutto dove la domanda è alta e l’offerta insufficiente: o ci siamo sognati che nelle ore di punta bisogna aspettare un taxi anche più di un’ora, e che -anche con costi più bassi- situazioni del genere accadono di rado in contesti dove la liberalizzazione è economia quotidiana, come per esempio a New York?. Insomma: siamo nel 2017 e ci sembra che la chiusura dei taxisti in difesa dei loro privilegi corporativi, sia come quando, all’inizio del XIX secolo in Inghilterra, i luddisti distruggevano le macchine industriali perchè toglievano posti di lavoro ai salariati. Il nostro legislatore ha una responsabilità gigantesca in quanto sta accadendo. Le eterne proroghe all’entrata in vigore del divieto sono servite solo a far illudere i taxisti che possano ancora esistere norme che consentano di esercitare la loro attivita’ fuori del tempo e del mondo. Divieto che se entrasse in vigore sarebbe a-storico ed economicamente suicida…. Non se ne viene fuori? Noi crediamo che, come sempre è avvenuto in passato ed avverra’ in futuro, le innovazioni che aprono i mercati e che fanno diventare la ricchezza e i servizi più diffusi, hanno sempre avuto un prezzo, che ne è sempre valsa la pena di pagare. Questa volta tocca pagarlo ai taxisti. Spetta al legislatore far sì che questo pagamento sia meno doloroso possibile. Ma se continua il gioco del rimando, sotto il ricatto delle violenze delle corporazioni, crediamo che alla non-fine del tutto anche gli illusi staranno male: quando la domanda è superiore e diversa dall’offerta, si alimenta solo illegalità, con costi dolorosi e più alti per tutti.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc