FABO È LIBERO, LA POLITICA HA PERSO

“Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo.” annuncia Marco Cappato su Twitter.

"Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille". È con questo messaggio affidato a Twitter che Dj Fabo scrive l’epilogo della sua lunga e tortuosa battaglia per il diritto all’autodeterminazione.

Fabo è evaso dalla gabbia della sua lunga notte senza fine, ma per farlo è stato costretto all’esilio, ad abbandonare la propria casa, la propria patria, e subire un doloroso viaggio di ore verso un Paese straniero che riconosce diritti negati in Italia.

Fabo ha ottenuto il diritto a morire senza soffrire, ma ci sono tanti, tantissimi cittadini che non hanno questa possibilità.
Per tutte queste persone continuerà a battersi l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica che, da Piergiorgio Welby a Eluana Englaro a Walter Piludu a Fabo, da 11 anni combatte affinché il Parlamento dia una risposta alle richieste dei cittadini e intervenga per colmare il vuoto normativo sul fine vita e nel 2013 ha depositato la proposta di legge di iniziativa popolare Eutanasia Legale.

“L’esilio della morte è una condanna incivile”, afferma l’Associazione Luca Coscioni. “Compito dello Stato è assistere i cittadini, non costringerli a rifugiarsi in soluzioni illegali per affrontare una disperazione data dall’impossibilità di decidere della propria vita e della propria morte. Le testimonianze delle persone che hanno vissuto direttamente questo problema hanno fatto maturare un’opinione pubblica favorevole alla regolamentazione del fine vita e questo ha fatto fare grandi passi avanti alla magistratura. La politica invece sembra incapace di dare una risposta ai cittadini, ma deve comprendere che il vuoto normativo porta all’illegalità”.

“Chiediamo quindi che il Parlamento affronti la questione del fine vita per ridurre le conseguenze devastanti che questo vuoto normativo ha sulla pelle della gente. Non ci troviamo in una zona grigia: siamo in piena "zona nera" fatta di clandestinità e soprusi. Per non perdersi nella giungla delle proibizioni e delle definizioni, la strada è semplice: sostituire l’eutanasia clandestina con l’eutanasia legale. L’opinione pubblica è pronta, il Parlamento meno, ma almeno non ci si imbrogli con la guerra delle definizioni”, afferma l’Associazione Luca Coscioni.

“La legge sul testamento biologico al vaglio della Camera rappresenta un importantissimo primo passo in questa direzione”, prosegue l’Associazione Luca Coscioni. “Consideriamo che la legge sia positiva nel riconoscere il carattere vincolante delle disposizioni e nel non escludere nutrizione e idratazione artificiale dalle terapie che possono essere oggetto di disposizione anticipata.

Osserviamo però che la Commissione Affari Sociali ha aggiunto alcune espressioni ambigue che rischierebbero di svuotare di fatto il carattere vincolante delle disposizioni, in questo contravvenendo al principio costituzionale dell’autodeterminazione individuale e del diritto a non essere sottoposti a trattamenti sanitari contro la propria volontà.

Ci riferiamo in particolare al riferimento alla "tutela della vita", alle "cure condivise" tra medico e paziente, al ricorso a un giudice per dirimere controversie tra medico e fiduciario e, infine, al riferimento alla "deontologia professionale" innalzata a fonte del diritto (elemento pericoloso anche in termini di legittimità). Temiamo che si tratti di formule che, se non chiarite anche in sede di dibattito parlamentare, e ove possibile superate, possano aprire la strada a contenziosi infiniti contro le scelte libere e responsabili dei malati.

Infine, è importante che la "sedazione continua profonda" – che tutti a parole salutano come fatto doveroso quando i medici accettano di praticarla su richiesta del paziente – debba divenire un diritto esplicitamente previsto, al quale corrisponda dunque un dovere preciso che non lasci spazio a soprusi e arbitrii”, conclude l’Associazione Luca Coscioni.