Ora che la vicenda di Dj Fabo è conclusa, siamo sommersi di messaggi di esecrazione, di compassione, di condivisione e chi più ne ha più ne metta. In modo più o meno sotteso, anche tra coloro che hanno sofferto e soffrono per la condizione pietosa della nostra legislazione in materia di diritti individuali (al suicidio nella fattispecie), il clima e’ quello di “Fabo è morto, viva Fabo”. A.D. 2017 il popolo italiano per dire la sua ha ancora bisogno di eroi. Da una parte e dell’altra degli schieramenti, pro o contro eutanasia nel nostro caso. Ma ci rendiamo conto? A noi gli eroi non sono mai piaciuti. E quando nei film, dove ancora se ne vedono a fiumi, c’è qualcuno che viene riconosciuto tale, noi tifiamo per quello che risponde “ho fatto solo il mio dovere”, e magari non accetta neanche la medaglia del caso. Certamente e’ un fenomeno di antropologia culturale che non riguarda solo gli italiani. Ma quelli che contano, i decisori, quelli in vista e quelli che hanno un qualche potere economico, sono li’ a raccontarci -grazie anche all’eco dei media che agiscono per “gratitudine”- che gli eroi sono quelli che ci danno identità, coraggio, senso dello Stato e della Nazione. Tutte balle che si/ci raccontano. Noi italiani, più e quanto altri, siamo individualisti. Siamo quelli dove il senso dello Stato e della comunità è quanto di più distante ci possa essere da coloro che alcuni di noi (quelli che votano) mandano a governarci e amministrarci.
Gli eroi, quindi, ci fanno un baffo! E se il povero Dj Fabo per qualcuno è un eroe (positivo o negativo, non cambia), è solo perchè in questo modo si aspira a conquistarsi una qualche visibilità mediatica… di un giorno. Guardandoci allo specchio, forse, riusciamo anche a fare satira sugli eroi. Non fanno parte del nostro background culturale e non sono in grado di smuovere qualcosa al di là -come nel caso di Fabo- dell’indignazione del momento. Tempo qualche giorno, e nessuno saprà più nulla di questa tragedia (chè tale è per noi quando qualcuno decide di suicidarsi, pur volendo che nulla glielo possa impedire se non la sua coscienza). E poi il prossimo eroe. Siamo pessimisti? No, realisti. Non è un caso che la legge al nostro Parlamento che avrebbe potuto consentire ai tanti Fabo di non dover andare in Svizzera per esprimere se stessi, è in alto mare e proprio in questi giorni lo è ancor di più. Siamo stufi di vivere in questo staterello di proto-diritto, dove è vietato dar corpo alle proprie aspettative anche quando le stesse hanno effetto solo su di noi (l’eutanasia, nella fattispecie). E’ un fatto di antropologia culturale e politica. Il divieto è sinonimo di non-diritto, di Stato asfissiante. Noi vorremmo vivere in un Paese in cui non ci sia bisogno di eroi per affermare e vivere i principi di ogni individuo. Vorremmo, per l’appunto. Ma forse potremmo se partiamo dal presupposto che gli eroi non fanno parte di noi stessi come comunità civica (individualmente, ognuno faccia per sè). Come? Trasformando in afflato e moto civico quello che oggi ci viene imposto. E’ una chiamata alla lotta. Ognuno coi suoi strumenti e nel e oltre il proprio ambito. Basta solo che non ci accontentiamo dell’eroe quotidiano.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc