I dislessici, come comunemente risaputo, sono spesso a disagio a scuola poiché si sentono mediamente molto più lentidei compagni, e spesso sono ingiustamente additati come pigri, svogliati se non addirittura meno dotati rispetto agli altri.Il più grande problema del dislessico è, infatti, quello di provare ansia a causa della paura di cadere in errore. A questo si associano le classiche conseguenze, in primis senso di frustrazione e di vergogna. Il circolo vizioso si chiude con il genitore che, nell’erronea convinzione di aiutare il ragazzo a superare le difficoltà,fapressione, incalzandolo a ogni occasione. L’errore principale è senza dubbio quello di spingere il ragazzo, a volte in maniera forzata, verso uno sport(magari di squadra),certi che sia il modo migliore per farlo uscire dal ‘guscio’.Ebbene, secondo i dati raccolti dall’Associazione W LA DISLESSIA!, progetto nato nel 2010 con l’obiettivo di creare un metodo per aiutare ragazzi e bambini con difficoltà di apprendimento, non c’è niente di più sbagliato: “Si tende a sbagliare pensando che spingere il ragazzo a fare uno sport di squadra sia il modo migliore per imparare a stare al mondo: la verità è che lo sport serve in generale ad imparare a vivere secondo le regole, ad apprendere il senso della disciplina e il rispetto per se stessi e per gli avversari, ma deve essere il ragazzo a esprimersi e a scegliere autonomamente quale sport praticare. Secondo la nostra esperienza su 100 ragazzi dislessici, gli 80 che si cimentano in attività sportive presentano meno sintomi di ansia rispetto ai 20 che non fanno sport”, spiega Alessandro Rocco, uno dei cofondatori di W LA DISLESSIA!.
Premesso ciò, basta guardare i nomi di molti sportivi di grande successo che sono riusciti ad emergere attraverso le rispettive specialità, pur essendo dislessici: dal pilota britannicoJackie Stewart, tre volte campione del mondo di Formula 1, a Nolan Ryan, uno dei più forti lanciatori della storia della Major League Baseball, la lista. Scorrendo i nomi degli atleti che hanno fatto la storia, troviamo esempi del calibro di Magic Johnson, leggenda del basket americano che non ha mai nascosto di aver affrontato tanti problemi in giovane età a causa del suo problema. Ed è recente anche il successo della stella del nuoto Michael Phelps, campione di precocità, che in soli 5 anni ha conquistato otto medaglie olimpiche.
Recentemente si è distinto per l’Italia il judoka Fabio Basile, 22enne campione olimpico nella categoria 66 kg a Rio de Janeiro 2016, vincitore della duecentesima medaglia d’oro nella storia dell’Italia ai giochi olimpici estivi, anche lui dislessico.
“Credo che lo sport abbia un fortissimo valore e che il genitore debba piuttosto togliere un’ora di logopedia al giorno, ma mai un’ora di sport. I ragazzi dislessici spesso manifestano maggiore passione e meno ansia nel praticare gli sport, rispetto ai colleghi non dislessici, evidenziando in particolare la capacità di vedere a 360°, e distinguendosi per le capacità di problemproblemsolving e per l’attitudine al cosiddetto ‘pensiero laterale’. Attenzione però! con questo non vogliamo dire che l’esercizio di lettura non sia importante, ma non bisogna cadere nell’errore che lo sport sia un’attività secondaria e che si possa saltare. Proprio attraverso lo sport molti ragazzi trovano le energie per potersi esprimere al proprio meglio”,prosegue Rocco.
Immaginare un’azione prima di costruirla e con più facilità e maggiore creatività: queste le caratteristiche degli sportivi dislessici, il cui elenco può continuare con altri nomi di spessore come Steve Redgrave, più volte oro olimpico nel canottaggio, Bruce Jenner (oggi Caitlyn, dopo una dolorosa presa di coscienza e relativo cambio di sesso), campione di decathlon e Greg Louganis soprannominato l’angelo dei tuffi.
“Già da questo elenco si evince che non esiste in linea generale losport migliore o quello che certamente rappresenta il miglior modo per massimizzare la performance di un ragazzo, ma di sicuro lo sport è un veicolo per permettere ai ragazzi di ottenere risultati che poi possono creare lo strato di sicurezza per affrontare l’impegnativa sfida con la scuola”.
“Dislessia o meno, parliamo sempre di sportivi di eccellenza. Non bisogna quindi incorrere nell’errore di pensare che il proprio figlio diventerà sicuramente un campione perché dislessico! Lo sport ha come principale effetto benefico quello di rendere il ragazzo più sicuro delle proprie capacità, il resto non conta”, conclude Rocco.
W LA DISLESSIA! nasce nel 2010 con l’obiettivo di creare un metodo per aiutare ragazzi e bambini con difficoltà di apprendimento e per liberarli da una vita di frustrazione e insuccesso, affiancando al contempo le famiglie e le scuole in questo percorso. Il metodo di W LA DISLESSIA! è innovativo e si differenzia da tutti gli altri già esistenti in quanto fa perno non solo sull’individuo dislessico ma su tutto il contesto che lo circonda, coinvolgendo in prima persona la famiglia e la scuola.
W LA DISLESSIA! è un titolo di rottura scelto volontariamente. La dislessia è un modo diverso di percepire la realtà: i ragazzi che hanno questa caratteristica hanno modalità di apprendimento diverse, che W LA DISLESSIA! si prefigge di valorizzare attraverso percorsi specifici per ognuno.