All’inizio del 2007 esce un libro con un titolo inequivocabile: “La fine della famiglia. La rivoluzione di cui non ci siamo accorti”. L’ha scritto Roberto Volpi, uno statistico, offrendo una serie di dati e grafici, dove sostiene che la famiglia in Italia ormai è scomparsa, almeno quella concepita fino al 1970, composta da genitori e figli. Volpi sostiene che l’inizio di questo processo rivoluzionario risale all’introduzione della legge sul divorzio (1970) e soprattutto dopo con il referendum del 1974 per l’abrogazione della legge. E’ la stessa tesi che sostengono Marco Invernizzi e Giancarlo Cerrelli, nel loro recente libro, “La Famiglia in Italia dal divorzio al Gender”, pubblicato da poco da SugarcoEdizioni. Il recente allarme del calo demografico che viene lanciato in Italia dall’Istat dovrebbe essere completato raccontando la vera storia del perchè siamo arrivati al crollo dei tassi di fecondità. La lettura del libro di Invernizzi e Cerrelli aiuta molto a comprendere le cause e soprattutto a invertire la rotta, sposando una volta per tutte una vera politica a favore delle nascite e soprattutto a favore della vera famiglia, invece di perdere tempo con unioni civili, ed eutanasia. Tutti parlano della crisi economica che da tempo sta attanagliando il pianeta, ma nessuno sembra accorgersene che si tratta soprattutto di una crisi culturale, anche se le dinamiche economiche incidono. Secondo Volpi,“i giovani non si sposano per scelta, perché il matrimonio e la famiglia non rappresentano un ideale di vita […]”, tuttavia, “I figli non nascono perchè sono giudicati inessenziali nella vita di coppia”, e questa per Volpi,“è una grande rivoluzione, che ha cambiato completamente il quadro culturale negli ultimi trent’anni. La coppia ha sempre più altre priorità rispetto al mettere al mondo dei figli, meno costose, meno drammatiche, meno impegnative”. La terza causa per Volpi, è che “la maternità è stata ‘occupata’ dalla medicina”.
A questo proposito lo statistico riporta i dati di un anno della Regione Toscana, dove la quasi totalità dei parti, sono stati accompagnati da un numero notevole di visite mediche, specialistiche e non, tanto da far diventare “il figlio un’impresa’ così faticosa da scoraggiarne una seconda. E questo spiega anche l’alto numero di figli unici”. Pertanto Volpi vede “un futuro drammatico per la società italiana perchè i numeri non fanno sconti e le proiezioni demografiche non sono invertibili facilmente e immediatamente”. Quello di Volpi era uno studio di dieci anni fa, bastava che qualche politico dei governi italiani lo avesse letto per tentare di modificare il trend negativo delle nascite del nostro Paese, invece gli interessi erano e forse anche oggi sono altri. Invernizzi nel libro pubblicato da SugarcoEdizioni, nella prima parte si occupa del mondo cattolico e la battaglia culturale in difesa della famiglia naturale, facendo riferimento ai tre“Family Day”, del 12 maggio 2007, per bloccare i Dico, per iniziativa del governo Prodi e della Bindi. Poi del secondo, 20 giugno 2005 in piazza S. Giovanni sempre a Roma. Infine quello del Circo Massimo del gennaio 2016, del “nuovo miracolo”, più di un milione di famiglie a testimoniare la bellezza della famiglia naturale contro la legge Cirinnà delle unioni civili. Che cosa significano queste manifestazioni pubbliche delle famiglie italiane, cattoliche e non, senza sigle partitiche. Anzi l’ultimo Family Day, anche senza “vescovi pilota”. Invernizzi a questo proposito, evoca tre posizioni all’interno del mondo cattolico, che permettono di comprendere il significato delle manifestazioni. Partendo dal presupposto che i cattolici in Italia ormai sono una minoranza, anche se ancora sono capaci di mobilitare un numero significativo di persone e famiglie. Tuttavia nel mondo cattolico, scrive Invernizzi:“ci sono coloro che non vogliono entrare in conflitto con il mondo perchè ritengono che il processo rivoluzionario in atto in Occidente da secoli faccia bene anche alla Chiesa, la purifichi spogliandola di ogni attaccamento al potere; questi cattolici vorrebbero il mondo, senza alcuna reale volontà di animarlo cristianamente, come indica invece il documento del Concilio Vaticano II sull’apostolato dei laici ‘Apostolicam actuositatem’”. Questi cattolici sono contrari a qualsiasi manifestazione di piazza. Poi ci sono quelli che vogliono che la Chiesa non abbia nessun rapporto con il mondo moderno nato dalla Rivoluzione del 1789, che vivono in“comunità isolate e parallele”e quindi auspicano uno scontro totale con il mondo moderno.
Infine, c’è la terza posizione, che nata dal pontificato di san Giovanni Paolo II e consiste“nell’operare per trasformare il mondo contemporaneo in un mondo aperto a Cristo e alla salvezza proposta dalla Chiesa. Un mondo ‘convertito’, grazie a una presenza missionaria della Chiesa[…]”. E questa certamente è la posizione di quelli che hanno organizzato i family day, che vogliono entrare in collegamento con coloro che sono vittime della modernità e soprattutto delle tragedie delle ideologie e del relativismo che hanno decostruito l’uomo e che ora è bisognoso della “nuova evangelizzazione”. E’ la posizione missionaria e secondo Invernizzi riassume tutto il Magistero pontificio dai documenti sulla“consacratio mundi” di Pio XII alla nuova evangelizzazione contenuta nella“Christifideles laici” di Giovanni Paolo II, passando per i testi del Concilio Vaticano II letti alla luce della riforma nella continuità indicata da Benedetto XVI.
Questa posizione,“vuole portare il Vangelo nella cultura e nel costume di questo mondo contemporaneo, indicandogli, dopo la stagione delle ideologie e del relativismo, la via della rinascita culturale e civile”. Invernizzi che è tra l’altro il reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ci tiene a sottolineare che, questa via, “non passa soltanto dalla contrapposizione e dallo scontro, ma ha bisogno di essere testimoniata da apostoli pieni di gioia, di carità materiale, e spirituale verso le ‘periferie del mondo’, mostrando la Chiesa come ‘ospedale da campo’, che non si limita a denunciare il perché delle ferite, ma si preoccupa anche di curarle”. E dunque, precisa ancora Invernizzi: “chi pratica questa strada è consapevole di vivere in un mondo che muore, ucciso dalla Rivoluzione che lo ha sradicato dalla propria storia e identità, ma è consapevole che se non siamo alla fine del mondo, ma soltanto di un mondo storico, qualcosa di nuovo nascerà comunque dentro il mondo che muore”.
Comunque per ritornare alla decostruzione della famiglia in Italia, dietro questo processo ci sono delle leggi, come quella di equiparare una unione fra persone dello stesso sesso al matrimonio tra un uomo e una donna, c’è una crisi morale e culturale di un popolo e in particolare delle sue classi dirigenti. In pratica c’è una rivoluzione antropologica in atto nel mondo occidentale. Infatti, dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, la “questione sociale” diventa una “questione antropologica”, nel senso che il processo di disgregazione delle identità non è più limitato a colpire le patrie e gli Stati, ora si arriva a colpire la persona, fino alla sua intimità più significativa, l’identità sessuale. Ecco spiegata l’ideologia del gender. è ultimo passaggio della rivoluzione culturale che sta colpendo l’Occidente in particolare.
Il libro spiega bene i vari passaggi di questa rivoluzione. Si inizia sempre con il rifiuto del creatore, di Dio, altro passaggio è il rifiuto della realtà e si sposa un’ideologia che dovrebbe sostituire il reale e così nascono immensi disastri, come l’ideologia del gender, che rifiuta la propria natura sessuato dell’uomo.
Invernizzi pone l’attenzione sull’increscioso esperimento del dottor John Money su Bruce Reimer, sul ragazzo cresciuto come una ragazza, che nel frattempo diventa Brenda. Una vicenda che finisce male, perchè Brenda non è mai diventato una donna. Peraltro se noi oggi possiamo dimostrare la falsità dell’ideologia gender, lo dobbiamo al rifiuto di questo bambino.
Dall’ideologia gender si passa al femminismo radicale, con la “morte” del padre e poi anche della madre, che deve essere liberata dalla maternità. Anzi bisogna intervenire sulla sua fertilità, trovando il modo per renderla controllabile. Era l’obiettivo di Margaret Sanger.
L’ultimo passaggio è l’eliminazione di ogni identità, con la teoria queer, si sviluppa negli Stati Uniti, negli anni novanta, essa sostiene che tutti gli atti sessuali sono costruzioni sociali, così l’uomo sceglie di passare da “un genere all’altro, secondo le circostanze, la casualità degli incontri”.
La studiosa del gender Marguerite Peeters, direttore dell’Istituto per una dinamica di dialogo interculturale con sede a Bruxelles, che si dedica da anni alla questione e ha scritto vari libri in materia. Spiega bene cosa fa oggi chi rifiuta la realtà e la propria natura,finisce nel “passare la propria vita a costruire, decostruire, ricostruire, vagare senza sosta al di fuori di sé”. Lo ammetteva perfino la stessa Judith Butler pioniere del femminismo radicale:“Non ho mai trovato il mio posto; credo che non troverò mai il mio posto[…]”.
Anche Invernizzi fa riferimento alle due conferenze dell’Onu del 1994-1995, a Il Cairo e a Pechino, dove la nuova governance mondiale ha dettato l’agenda gender. Allora in pochissimi capirono che cosa stesse succedendo e soltanto il coraggioso Papa Giovanni Paolo II, con un suo intervento, costrinse a venire allo scoperto il progetto di imporre l’ideologia gender. Con la scusa di difendere i diritti delle donne, si faceva passare il diritto all’aborto, i diritti sessuali e riproduttivi.
La II Parte del libro “La famiglia in Italia”, curata da Cerrelli, si occupa de “il Diritto come strumento per ridefinire la famiglia”. Affronterò il tema in un’altra occasione.
Domenico Bonvegna
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