di Roberto Gugliotta
“Yes, we can”. Parafrasando Obama ci consoliamo degli incubi dell’ennesimo scandalo che ha mandato in tilt la Federazione pallacanestro per via del tesseramento, nei campionati di C Silver e C Gold regionali, degli atleti extracomunitari. Vicenda che rischia di cambiare corso ed esito ai campionati stessi. Con play off e play out ai nastri di partenza dire che il basket sta vivendo un momento di generale confusione è quasi il minimo sindacale per un cronista. E così mentre i media che vanno per la maggiore fanno a gara per oscurare il pasticcio, IMG Press rilancia: Presidente Petrucci, fuori la verità. Yes, we can, anche “noi possiamo”. Solo che mentre Obama volava alto nel cielo americano i nostri eroi preferiscono tenere un basso profilo. Anzi, meglio la via di fuga. Non è chiaro quanti atleti extracomunitari saranno in campo per la seconda parte della stagione. Molte società hanno preferito rimandarli a casa della serie: Yankee Go Home! Gli appassionati di basket che amano il rispetto delle regole lanciano il guanto solitario di sfida, che con i prodromi del Sistema federale ha pur sempre il fascino del salto nel vuoto, ecco perché il nostro “we can” è più sconsolato, vagamente rassegnato, leggermente malinconico come le nebbiolina sottile che rende le giornate meno gelide ma più anonime. Sì, anche noi (forse) possiamo: possiamo andare a giocare per una gara fondamentale: togliere le ombre al movimento pallacanestro. Possiamo compiere questo gesto che una volta poteva essere entusiasmante – ripetiamo a noi stessi come un mantra mentre ascoltiamo con senso di straniamento e indignazione crescente le ragioni di quei dirigenti di società che oggi gridano al complotto per il caso extracomunitari – anche se siamo pieni di dubbi, incerti, indignati, cinicamente divertiti e sostanzialmente disincantati di fronte alla caduta della foglia di fico e alla prospettiva di blocco delle retrocessioni per evitare i deferimenti per moltissime società. I dubbi sono tanti, come sfuggire? Perché l’italiano è questo: chiede le regole ma poi le aggira; vuole giustizia ma poi fa il tifo per i cialtroni; parla di etica, lealtà e sportività ma vuol vincere a qualunque costo. Perché poi a pagare sono solo i cretini, mentre i furbi ne sanno una più del diavolo. Perché la legge con loro non si applica ma si interpreta. Sanno che alla fine, nonostante la furbata sportiva, prevarrà nel "controllore delle regole" il sentimento di responsabilità, il senso civico e civile, la volontà di provare ancora una volta dare il proprio contributo esprimendo un semplice buffetto all’imputato dirigente – “l’ultima, questa è l’ultima”, diranno fra sé e sé per mascherare la vergogna. “Yes, we can”. C’era anche un’altra espressione, bella: “We have a dream”. Ma per quella bisognerà aspettare il prossimo Presidente.