Mentre si attende l’esito dell’accordo per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici raggiunto nel novembre scorso all’Aran, dall’Istat arriva l’impietosa conferma di quanto sia crollato il valore degli stipendi di chi opera nella pubblica amministrazione: scorrendo i dati contenuti nell’ultimo dossier dell’Istituto nazionale di Statistica sulle retribuzioni contrattuali, emerge che per gli statali, dal comparto della scuola a quello delle forze dell’ordine, la variazione nel 2016 è pari a zero rispetto a sei anni prima, con l’unica eccezione dei vigili del fuoco che hanno ottenuto un aumento del 3,1%. Il mancato incremento stride non poco, sia rispetto alla media degli stipendi regolati dai Ccnl, aumentati in media del 7,1%, con il privato che ha incassato un + 9,8%, sia rispetto al costo della vita, che nello stesso periodo ha galoppato fino a sfiorare i 20 punti percentuali.
I dati, riassunti dalla rivista Orizzonte Scuola, danno credito a quanto sostiene l’Anief da tempo: gli 85 euro lordi di incremento che la parte pubblica si appresta a concedere a ogni dipendente dell’amministrazione pubblica, scuola compresa, è solo un acconto di quanto dovrebbe spettare a oltre tre milioni di lavoratori. La quota, venutasi a determinare attraverso le coperture previste dalle ultime due leggi di stabilità, in particolare l’ultima, è a dir poco irrisoria: secondo un calcolo di settore realizzato dall’Ufficio Studi del giovane sindacato, l’incremento copre appena un terzo rispetto a quello che dovrebbe essere corrisposto.
Sulla scorta della sentenza della Consulta dell’estate 2015, in attesa della firma del contratto di categoria, dal mese di settembre 2015 lo Stato avrebbe pertanto dovuto versare a ogni dipendente 105 euro di aumento medio, riconducibile a una busta paga mensile di 1.500. Ossia, il 7 per cento del proprio stipendio, salvo recuperare un altro 7 per cento all’atto della firma dello stesso contratto. Invece, gli 85 euro di stipendio non andranno nemmeno a coprire il gap rispetto all’inflazione venutosi a creare in questo periodo per il mancato adeguamento dell’indennità di vacanza contrattuale.
Per l’Anief, inoltre, se non si firma il contratto, il lavoratore avrebbe già comunque garantiti 22 euro in più in busta paga. Un accordo, alla luce di questa situazione, si potrebbe chiudere dunque solo garantendo 103 euro in più, come è avvenuto nel settore privato. Lo stesso ultimo Documento di Economia e Finanza prevede una riduzione delle retribuzioni per gli anni 2017 e 2018 (rispettivamente -0,8 e -0,2 per cento), per poi stabilizzarsi nel 2019, con l’indennità di vacanza contrattuale tutta da valutare. Solo che venire meno al suo pagamento, come è stato fatto negli ultimi sei anni, significa non applicare la normativa vigente in materia di tutela retributiva del pubblico impiego, a partire dall’articolo 2, comma 35, della Legge n. 203/08, dalla legge finanziaria 2009 e anche dalle disposizioni previste dal Decreto Legislativo 150/09 voluto dall’ex ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta.
“Al di là dei proclami della parte pubblica – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – di fatto lo stipendio rimarrà sostanzialmente fermo fino al 2021. Per questi motivi, Anief sta depositando i ricorsi per recuperare come aumento da settembre 2015 la metà del costo dell’inflazione prevista per legge (13,5%) e certificata dalla Ragioneria dello Stato, per garantire la progressione di carriera a tutti fin dal terzo anno di servizio nel rispetto del principio della parità retributiva e della giurisprudenza comunitaria. È importante che i neo-assunti inviino, entro il prossimo mese di agosto, la diffida per interrompere la prescrizione quinquennale per l’impugnazione dei decreti di ricostruzione di carriera emessi nel 2012”.
Ecco perché le retribuzioni di chi opera nel pubblico diventano sempre più “piccole”. Come è accaduto ai dipendenti della scuola, la cui retribuzione tra il 2014 e il 2015 ha addirittura fatto registrare un calo di 800 euro. Per tali ragioni, per recuperare il maltolto, Anief ha deciso di chiedere ai lavoratori della scuola e della P.A. di inviare la diffida e di attendere il responso da parte della Consulta.