Dal Salmo 118
Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
di Ettore Sentimentale
Come già accennato nel commento precedente, il salmo in questione è lo stesso della settimana scorsa, seppur con qualche versetto in più estrapolato dalla parte centrale del testo poetico. Dopo un fugace richiamo al carattere prettamente “alleluiatico” del carme, vorrei soffermarmi sui versetti principali del salmo.
Il primo simbolo che l’orante ci fornisce e del quale ne ha fatto esperienza, è quello del muro che spinto o strattonato sta per crollare (“Mi avevano spinto con forza per farmi cadere”). Il rimando immediato è alle immagini fin troppo conosciute, soprattutto in questi ultimi otto mesi: quanti crolli di case, chiese, strade, ponti… provocati dalle scosse telluriche!
Qui però il salmista prende coscienza che restare in piedi – non solo in senso fisico, ma soprattutto in quello spirituale – è opera dell’aiuto del Signore. Chissà quanti si sentono “scalzati” dal posto o ruolo che rivestono all’interno della famiglia, della comunità ecclesiale, dal luogo del lavoro…Tutti costoro dovrebbero fare tesoro delle parole dell’orante: i tentativi di coloro che vogliono far cadere vanno a vuoto, perché il Signore sostiene i suoi figli. Anzi, rileggendo la propria storia, il salmista vi sorge lo stesso intervento che Dio ha operato la notte dell’esodo nei confronti del suo popolo liberandolo dalla schiavitù di Egitto con un’azione prodigiosa, della quale si è fatto interprete Mosè: “mia forza e mio canto è il Signore” (Es 15,2). E subito dopo aggiunge un flash dell’esperienza isaiana: “egli è la mia salvezza” (Is 12,2). Da questi richiami biblici è possibile dedurre che il salmista stia lodando il Signore per il secondo esodo, il ritorno da Babilonia.
L’autore del poema ci informa anche del coinvolgimento generale di questa solenne liturgia di lode e ringraziamento. Si sente distintamente il “grido di giubilo” e di “vittoria” che sale dalle “tende di tutti i giusti”, cioè i salvati. Il canto del solista diventa così il coro di un’assemblea cosciente che “la destra del Signore ha fatto prodezze”. Dall’insieme del contesto sembra che il grido dei giusti, disseminati nei vari punti della città, giunga fino al tempio ove si trovano già numerosissime persone intente a proclamare i prodigi del Signore.
Sarebbe arduo pensare a una sorta di “effetto stereo” fra chi prega nel recinto sacro e chi innalza lodi dalla propria casa?
Chi di noi è stato a Taizé ha gustato la bellezza e l’intensità del canone: “ElSenyorés la mevaforça, elSenyorelmeucant. Ell m’ha estat la salvació, en Ellconfio i no tinc por” (Il Signore è la mia forza e io spero in Lui. Il Signore è il Salvatore, in lui confido non ho timore).
La conclusione (corale) del salmo diventa la chiave ermeneutica non solo del carme ma del mistero di morte e risurrezione di Cristo e di quanti sono innestati in Lui. La vita riserva delle sorprese paradossali, stando alla metafora del salmo. Se noi leggessimo la cura con la quale architetti, muratori, scalpellini, capomastri, etc…costruirono il tempio, rimarremmo a dir poco perplessi e scandalizzati nel sentire che “la pietra scartata è divenuta la pietra d’angolo”. Ma Dio – come dice papa Francesco – predilige gli “scarti”. E ciò è un fatto storico (lett. “il giorno che ha fatto il Signore”), del quale e nel quale bisogna rallegrarsi ed esultare.