Legalizzazione cannabis. Non parliamoci addosso. Intervenga il leader, altrimenti è solo tempo perso

Ci risiamo. Per l’ennesima vola la questione della legalizzazione cannabis è tornata al centro dell’attenzione politica. Grazie al quotidiano La Repubblica e a una manifestazione in cui alcuni magistrati hanno ribadito le loro posizioni legalizzatrici. Ovviamente si è scatenato il can can dei contrari e dei favorevoli solo nelle dichiarazioni. Quanto durerà questa volta? Qualche giorno e poi tornerà tutto nel dimenticatoio, nonostante ci sia una caterva di parlamentai che hanno firmato il progetto di legge presente in Parlamento.
Sulla vicenda i Radicali si sono svenati e continuano a farlo, con anche un referendum qualche decina d’anni fa, che non e’ servito a nulla, e strascichi giudiziari per iniziative che, per essere ascoltate, spesso hanno dovuto assumere la forma di disobbedienza civile. E siccome i Radicai su questo non sono nati oggi, stanno in queste ore ribadendo che continueranno con queste disobbedienze. Ma anche qui -è sconfortante ammetterlo, ma è così- siamo alla rappresentazione scenica, che ormai anche le forze dell’ordine e i giudici che dovrebbero riempire di radicali disobbedienti le galere della Penisola, hanno capito l’andazzo e -per senso civico-giuridico o strategia di elusione che sia- fanno finta di nulla. Il problema, ovviamente, esiste ed è drammatico. Da un punto di vista sanitario, di ordine pubblico e di diritti individuali.
Non crediamo che la soluzione sia dietro l’angolo. Semplicemente perchè la politica va altrove e non ha nel proprio calendario questa riforma. Per esempio, il neo-presidente francese, in materia, non è per niente un legalizzatore e -sembra- che questo astro emergente della politica francese ed europeista, sia un importante punto di riferimento per tutti gli innovatori democratici del Continente. Qualcuno lo potra’ contraddire, visto che al momento è tra i pochi che è stato in grado di contrastare l’avanza del populismo nel suo Paese, mettendo un’ipoteca considerevole sul suo metodo, che’ possa essere utilizzato un po’ dovunque? Ne dubitiamo.
Quindi, chi come noi percepisce invece la drammaticita’ del continuare a farsi male con l’attuale politica proibizionista, che deve fare? Aspettiamo che all’iniziativa de La Repubblica di questi giorni, si aggiunga quella di altri autorevoli media? Sembra che questa sia una politica che non paghi. Come non ricordarsi la campagna referendaria sulla fecondazione assistita, con tutti i grandi media schierati per l’abrogazione, e gli italiani che diedero ragione agli anti-abrogazionisti semplicemente non andando a votare al referendum?
E come non prendere atto che, al di là e nonostante la vittoria di Macron in Francia, siamo sempre in una comunità civica dove il disamore per tutto quello che e’ istituzionale e’ pane quotidiano? Come non pensare che il fronte dei parlamentari legalizzatori non possa sfaldarsi al primo sommovimento della propria fazione, visto che le elezioni legislative ci saranno a breve, anche se non anticipate? E, di conseguenza, se ne parlera’ nella prossima legislatura, comunque condizionata dalle caratteristiche di quanto accaduto in Francia e in Usa (dove Trump non e’ proprio un alleato dei legalizzatori). Abbiamo davanti a noi -quindi e come in passato- tanto tempo perso. In cui tutti, anche se apparentemente piu’ numerosi, si parlano addosso, mentre i decisori pensano e fanno altro. E, siccome quando le leggi sono urgenti non c’è iter parlamentare da rispettare che tenga, spetta al manipolo di convinti legalizzatori far sì che l’urgenza della decisione sia messa all’ordine del giorno. In questo contesto, non vediamo alternative al rivolgersi in modo pressante al leader dello schieramento democratico innovativo. Cioè Matteo Renzi. Bando alle distinzioni, alle differenze, alle divisioni e tutto il corollario tipico della politica partitica. Solo se lui in prima persona si fa carico dell’opzione legalizzatoria (che è bene ricordare che taglia i partiti, gli schieramenti e le ideologie, almeno in quella opzione che ci sembra più importante, riduzione del danno) ci sarà una qualche possibilità di non continuare a parlarsi addosso ed a farsi male. Noi crediamo che è qui, con questa opzione, che bisogna concentrare le energie e le iniziative -realisticamente, e anche se viene più di un dubbio sulla reale portata democratica del metodo. E lo devono fare i nostri rappresentanti istituzionali. Noi, associazione civica e di informazione, possiamo fare solo da stimolo di idee e opzioni.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc