Mangiare un po’ di tutto, con una predilezione per prodotti tipici e cibi genuini

Come mangiano gli italiani? 14,5 milioni sono pragmatici, cioè mangiano di tutto un po’. 7,3 milioni sono amanti dei prodotti tipici e dei cibi genuini. 6,4 milioni sono salutisti, cioè mangiano gli alimenti che ritengono non facciano male alla salute. 3,8 milioni sono conviviali, perché considerano il cibo come un moltiplicatore di relazionalità. 3,3 milioni sono oculati, molto concentrati sui prezzi degli alimenti. 3,1 milioni sono sperimentatori, dediti alle nuove pietanze e alle nuove diete. 2,4 milioni sono abitudinari, mangiano quasi sempre le stesse cose. 2,4 milioni sono veri e propri gourmet, cioè grandi intenditori di vino e gastronomia. 1,9 milioni invece sono devoti ai cibi nocivi per la salute (chips, bevande gassate, ecc.). 1,6 milioni sono funzionalisti, mangiano prodotti di rapido utilizzo, dai surgelati allo scatolame. 1,4 milioni sono vegetariani e vegani. 1,2 milioni sono ingordi, perché mangiano troppo di tutto. E 1,1 milioni sono amanti dei prodotti già cucinati consegnati a domicilio. Insomma, nello stile alimentare degli italiani vince il pragmatismo. E negli acquisti si combinano cibi anche molto diversi tra loro, oltre ogni ideologia alimentare. È questo l’identikit che emerge da una ricerca del Censis presentata oggi alla giornata inaugurale di TuttoFood, la fiera internazionale dedicata al food & beverage organizzata da Fiera Milano in corso dall’8 all’11 maggio.

Sprechi e spreconi. Malgrado i tanti tagli alla spesa negli anni della crisi, lo spreco alimentare è ancora significativo nei carrelli, sulle tavole e nelle dispense degli italiani. Sono complessivamente 36 milioni gli italiani che buttano il cibo avanzato in tavola o rimasto inutilizzato oltre la data della scadenza (4,9 milioni lo fanno regolarmente). Lo spreco alimentare è trasversale alla società, ma sprecano di più i millennial (80,2%), le persone laureate (78,3%) e i benestanti (72,7%).

L’altra faccia della medaglia: i neo-affamati d’Italia. Oltre 2 milioni di famiglie italiane sono in condizione di povertà alimentare, cioè possono spendere per generi alimentari risorse inferiori rispetto a una soglia standard accettabile. La povertà alimentare è più diffusa al Nord-Est (il 9,2% delle famiglie) e al Sud (9%), tra i nuclei con capofamiglia straniero (il 14,1% contro il 7,5% di quelli con capofamiglia italiano). E colpisce di più le famiglie dei millennial (il 14%) rispetto a quelle dei baby boomer (8,3%) e degli anziani (6%). Sommersa, troppo spesso nascosta per vergogna, la povertà alimentare è un fenomeno sociale diffuso e crescente nel tempo anche nel cuore delle aree più benestanti del Paese. L’aumento in dieci anni delle famiglie a cui capita di non avere soldi sufficienti per mangiare in alcuni periodi dell’anno è stato pari a +57% (ovvero 800.000 nuclei familiari in più, pari oggi a 2,2 milioni). E le famiglie che non possono permettersi un pasto a base di carne o pesce almeno una volta ogni due giorni sono aumentate dell’87% (1,4 milioni di nuclei familiari in più, pari oggi a 3 milioni).

Questi sono i principali risultati della ricerca «Crescita e qualità della vita: le opportunità della Food policy», realizzata dal Censis per TuttoFood, presentata oggi alle ore 10.30 presso la Sala Martini della Fiera di Milano. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, Marina Natale, Amministratore Delegato di Fiera Milano Spa, Michele Scannavini, Presidente dell’Ice, Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione, Giuseppe Sala, Sindaco di Milano, Roberto Maroni, Presidente della Regione Lombardia, e Maurizio Martina, Ministro per le politiche agricole.