La Feder.M.O.T., U.N.I.M.O., A.N.M.O., C.O.G.I.T.A., in esecuzione delle conformi delibere adottate dai propri Consigli Direttivi e per le ragioni condivise per la massima parte dalle Associazioni dei Giudici di Pace ANGDP, CGDP, UNAGIPA, proclamano l’astensione dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari dal 6 al 10 giugno 2017 dalle udienze civili e penali e dalle altre attività giudiziarie, nel rispetto del codice di autoregolamentazione astensioni dalle attività giudiziarie dei magistrati onorari di tribunale sottoscritto dalla Federazione magistrati onorari di tribunale, valutato idoneo dalla Commissione di garanzia con deliberazione n. 03/34 del 20 febbraio 2003, pubblicato nella G.U. n. 58 del 11.3.2003.
Il Ministro della Giustizia, contraddicendo ancora una volta i propri dichiarati propositi, non ha dato seguito agli spunti offerti dal Consiglio di Stato per addivenire a una riforma della magistratura onoraria che corregga i limiti strutturali della legge-delega varata nel 2016, totalmente dissonante dal diritto dell’Unione europea.
Ha inoltre portato in Consiglio dei Ministri una bozza di decreto legislativo in cui si abbassa il tiro rispetto alle già insufficienti e minimali previsioni della legge-delega.
La bozza di decreto prevede una retribuzione ridicola e non dignitosa, che viola anche il principio comunitario del pro rata temporis, discriminando i magistrati onorari e minandone l’indipendenza economica; elusione dell’art. 37 Cost.
Le tutele previdenziali sono poste a carico dei magistrati onorari.
La delega rimane poi inutilizzata in materia disciplinare e in materia di mobilità territoriale dei magistrati onorari, condannati a restare nella sede di organica appartenenza in spregio alle più comuni esigenze di vita familiare e lavorativa.
Ma soprattutto l’emanando decreto limita a due sole giornate settimanali la massima presenza in servizio dei magistrati onorari, creando seri problemi di funzionamento degli uffici e di smaltimento dell’arretrato.
Mentre la giustizia italiana rimane fanalino di coda dell’area OCSE, il Governo continua a fingere di ignorare che solo il pieno coinvolgimento full-time della magistratura onoraria può risollevare le sorti della giurisdizione ordinaria.
Con candida semplicità gli Uffici tecnici di via Arenula, in una relazione sulla magistratura onoraria e i possibili scenari della riforma, dichiarano di non disporre di sistemi di rilevazione statistica dell’apporto fornito dalla magistratura onoraria.
E vi è da crederci, visto che nelle rilevazioni OCSE omettono di comunicare i dati sulla produttività dei magistrati onorari.
A spiegare al Ministro quale sia l’apporto di tale categoria, vi hanno però provveduto i capi degli uffici giudiziari, andando in delegazione dal Guardasigilli per sollecitargli una soluzione politica al problema della precarietà di tale fondamentale figura magistratuale, il cui supporto ai magistrati di ruolo costituisce un imprescindibile presupposto all’esercizio di più rilevanti funzioni riservate a questi ultimi.
Prevale sull’esigenza di assicurare il buon andamento della giustizia ordinaria e di aumentare la potenza della relativa risposta giudiziaria la preoccupazione del tutto irrazionale di certa parte della tecnostruttura ministeriale di cassare come impraticabile qualsiasi ipotesi che valorizza la magistratura onoraria.
Tarpare le ali a questa categoria che si è guadagnata il rispetto dei capi degli uffici e degli operatori della giustizia sembra essere l’unica priorità.
Si bolla come impraticabile finanziariamente il loro utilizzo full-time, in quanto – si sostiene – occorrerebbe retribuirli con almeno 130 mila euro all’anno, ossia con lo stipendio riservato a un magistrato alla prima valutazione di professionalità; ma poi si propone in alternativa di dare loro 16 mila euro lordi, per farli lavorare solo due giorni a settimana su sei.
Ma veramente in questo Paese l’algebra è stata abrogata pur di bloccare ogni riforma? Veramente si vuole fare finta che 16 mila euro siano pari ai due sesti di 130 mila euro?
Questo è il grado di serenità, imparzialità e razionalità con cui ci si confronta su un tema tanto importante quanto sacrificato, sul presupposto che altre potessero essere le riforme risolutrici del gap che ci separa dalle nazioni progredite e non.
Fioccano quindi le forme più fantasiose di fuga dalla giurisdizione civile e penale, di deprocedimentalizzazione, di compressione del contraddittorio, di riduzione a eccezione della pubblica udienza, quando utilizzare full-time i magistrati onorari consentirebbe di potenziare subito la produttività di forze professionali già formate, e per cifre ben inferiori a quella di 130 mila euro, agitata dalla tecnostruttura ministeriale come spauracchio, affinché ogni riforma sia insabbiata.
Spauracchio poi, che potrebbe spaventare solo la burocrazia e la politica più incompetenti, ossia quelle che non siano capaci di considerare i benefici macroeconomici correlati al rilancio della giustizia ordinaria. Si parla di punti percentuali di PIL, ossia di grandezze finanziarie misurate in decine di miliardi di euro, a fronte di un maggiore investimento finanziario pari, nella più costosa delle ipotesi, a 0,3 miliari (300 milioni), il 45% dei quali tornerebbero allo Stato in forma di IRPEF e di contributi previdenziali!
Lungi dal voler propinare a chicchessia politiche Keynesiane, riteniamo che i cittadini italiani non siano da meno rispetto a quelli francesi, tedeschi o svedesi. “Il pesce puzza dalla testa”; ossia è lo stato che deve servire i propri cittadini consegnandone i destini giudiziari a un apparato giudiziario capace di rendere effettiva la tutela dei loro diritti.
I magistrati di ruolo già massimizzano la loro produttività; serve quindi un supporto ulteriore – per risollevare le statistiche e la sottesa risposta effettiva alle istanze della collettività e del mercato – che non può essere affidato all’estemporanea presenza saltuaria dei magistrati onorari, ma che deve prevedere il loro pieno coinvolgimento.
Ai teoremi non euclidei di chi dichiara non percorribile tale strada, ignorando i numeri dell’ordinaria matematica finanziaria, opponiamo la nostra disponibilità a caricarci lo sforzo di una impresa faticosa, che abbiamo però tutta la volontà di iniziare.
Siamo quindi di nuovo in sciopero. Non contro il cittadino, ma a sua difesa; e speriamo che stavolta l’ANM, capisca il senso profondo e leale dei motivi che animano le nostre proposte e le nostre richieste, e si schieri a nostro favore con quell’intraprendenza mancata in più recenti occasioni: intendiamo infatti essere un più concreto e affidabile supporto dei magistrati di ruolo e non dei loro improvvisati concorrenti, come sottendono insidiose allusioni di un potere politico che, sino a oggi, ha fatto ben poco per rilanciare l’efficacia della funzione giudiziaria e il prestigio di chi la esercita.
La reputazione della magistratura di ruolo si fonda infatti su battaglie decennali che oggi perdono di senso se non si riesce a gestire l’ordinario volume di lavoro; una magistratura onoraria forte, rafforza l’intero sistema e chi lo gestisce nei massimi gradi della giurisdizione e nelle più rilevanti attività degli uffici di primo grado. Un validissimo motivo per pretendere la stabile presenza negli uffici giudicanti e requirenti, almeno di primo grado.
Per delega dei presidenti delle associazioni aderenti
Il Presidente vicario FEDERMOT
Dr. Raimondo Orrù