Mentre le economie sviluppate continuano ad aumentare gli investimenti nell’educazione prescolare, finalizzata non solo alla preparazione alla scuola ma anche alla socializzazione e alla formazione fin dai primissimi anni, l’Italia rimane immobile: i dati si evincono dal primo rapporto internazionale dedicato al tema, realizzato nel tentativo di fornire una base di statistiche e di politiche per migliorare l’impatto di questi interventi sul lungo periodo.
“Sull’importanza dei primi anni di vita – sintetizza Il Sole 24 Ore – , tutti i Governi stanno aumentando gli investimenti sull’istruzione prescolare. Nei due terzi dei paesi Ocse oltre il 90% dei bambini di quattro anni e il 70% dei bambini frequenta ambienti specializzati nell’educazione prescolastica. Ma è in forte crescita anche la “scolarizzazione” dei più piccoli: nel 2014 circa un terzo dei bimbi al di sotto dei tre anni era coinvolta in istituzioni di “childcare” formali, con una crescita di oltre otto punti percentuali rispetto a dieci anni prima”.
“Il miglioramento delle condizioni lavorative e della formazione degli educatori è una delle priorità indicate dall’Ocse per adeguare sempre di più l’istruzione prescolare alle esigenze dell’era della conoscenza, insieme a un coinvolgimento dei genitori nel processo educativo. Ma in primo luogo è fondamentale che i singoli paesi sviluppino strategie chiare e coerenti per l’allocazione efficiente delle risorse pubbliche, in modo da arrivare a un sistema integrato con il sistema scolastico”. Occorre adottare, pertanto, “continuità nel metodo e nella qualità. Perché, bisogna “preparare la scuola ai bambini, non preparare i bambini alla scuola”, sottolinea il rapporto Ocse.
Purtroppo, in Italia non si procede in questa direzione: il decreto legislativo del 3 aprile 2017, n. 65 sulla “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”, entrato in vigore lo scorso 31 maggio, non permette al nostro Paese di fare quello scatto in avanti per allinearci ai Paesi Ocse. È tutto dire che, quando il percorso sarà completato, al massimo si arriverà a coprire il 34 per cento del prescolare, sempre che regioni ed enti locali cofinanzino per esempio classi Primavera.
Le sezioni Primavera, infatti, saranno attivabili solo se compatibili con “le risorse finanziarie destinate allo scopo a legislazione vigente”. “È una postilla, inserita in calce all’articolo 2, spuntata all’ultimo momento, – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – che la dice lunga. In pratica, le classi ulteriori di bambini della scuola dell’infanzia si creeranno solo in presenza di adeguata copertura finanziaria. Smontando, di fatto, un bel pezzo di questa riforma, nonostante il DPR 89/2009, mai abrogato, desse indicazioni opposte. In questo modo, gli organici dei docenti della scuola dell’infanzia continuano a essere penalizzati, visto che sono stati già estromessi senza motivo dal piano straordinario di assunzioni della Buona Scuola, e pure dal ‘potenziamento’ scolastico solo per loro non attivato”.
“Inoltre – continua il sindacalista – nel decreto attuativo n. 65 non è presente alcun ritorno al maestro prevalente su moduli abolito dalla Legge 169/2008 o all’insegnante specialista di lingua inglese, quando l’Italia era al quinto posto dei rapporti PIRLS per apprendimento studenti. A questo proposito, la realtà stride non solo rispetto alle indicazioni Ocse, ma anche alla volontà della Ministra dell’Istruzione italiana, Valeria Fedeli, che proprio in questi giorni si è detta favorevole all’inglese obbligatorio per tutti gli alunni fin dalla materna”.