REGIONI: SUL PERSONALE RICETTE VECCHIE CUCINATE MALE

L’apertura di un confronto tra Regioni e Governo sulla sanità – è il commento del Segretario Nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise – è una notizia positiva perché porta alla ribalta delle istituzioni un tema scomparso nelle agende degli ultimi governi. Da 15 anni la sanità è uscita dal loro radar come valore e fattore di coesione sociale, volano di crescita economica, diritto riconosciuto fondamentale dalla Costituzione per ridursi a bancomat per altre scelte politiche e costo da tagliare. Ed abbiamo tagliato più di tutti, fino ad accoppiare la spesa pubblica più bassa tra i Paesi del G7 con quella privata più alta, prodotto della progressiva contrazione del perimetro di tutela pubblica.

Condivisibile appare anche la scelta degli argomenti proposti per il confronto, a partire da quel personale che è il vero convitato di pietra di ogni discussione in merito, quel capitale umano il cui valore attuale si avvicina molto a quello dei titoli spazzatura.

Ma per il personale, o le risorse umane nel nuovo vocabolario, si ri-propongono ricette vecchie senza nemmeno collocarle in una cucina nuova. Se è vero come è vero che siamo di fronte ad una ingravescente, e massiccia, carenza di medici specialisti, figlia del fallimento, orfano di responsabili, di un sistema formativo sub appaltato all’Università, ed alla crescita di un imbuto formativo in cui rimangono intrappolati decine di migliaia di giovani medici laureati espulsi dalla formazione post laurea, non ne usciamo certo inventando ruoli giuridici di “non dirigenti” con livelli retributivi più vicini a quelli delle caposala che degli specialisti. Senza contare la necessità di una non facile declaratoria di specifici livelli di autonomia e di responsabilità professionale e di una peculiare job description all’interno del CCNL della Dirigenza Medica, Veterinaria e Sanitaria. La proposta non riesce a mascherare l’intenzione, già denunciata dalla CIMO, di avere una manovalanza a basso costo pur di non disturbare il manovratore universitario. Sarebbe meglio che le Regioni garantissero, attraverso i Protocolli di intesa, la piena partecipazione delle strutture e dei professionisti del SSN al processo di formazione medica post laurea in percorsi di potenziamento delle attività professionalizzanti.

La soluzione vera – sottolinea Troise – rimane ancora quella che ci addita l’Europa: aumentare il numero dei contratti di formazione per allinearli al fabbisogno, anticipare l’ingresso dei medici nel mondo del lavoro garantendo, attraverso un contratto a tempo determinato ed il connesso ruolo giuridico, il diritto a completare il percorso formativo all’interno della rete ospedaliera e territoriale del SSN, favorendo anche il trasferimento delle competenze professionali.

Continuando a fare le stese cose si raccoglieranno gli stessi risultati. Ma la sanità pubblica non può seguire apprendisti stregoni che continuano a proporre non soluzioni contrabbandate come innovazioni di struttura.