I panni sporchi degli uomini di Chiesa non si devono lavare sempre in famiglia

di ANDREA FILLORAMO

Mi si chiede continuamente perché da qualche tempo non appaiono frequentemente come nel recente passato, i miei articoli su IMGPress. Non nascondo che sarei ipocrita se dicessi che non mi fa molto piacere che ci siano quelli che mi leggono e che ancora vogliono leggermi. Ma credo di aver già scritto abbastanza, forse anche fino al punto di tediare qualcuno e addirittura di fare arrabbiare quelli che hanno sempre mal sopportato che uno come me si sia permesso di interessarsi e di scrivere su situazioni diocesane abbastanza delicate,sul vescovo e su preti, argomenti che ritengono di loro stretta competenza. Essi sono convinti che i panni sporchi degli uomini di Chiesa si devono lavare sempre in famiglia. Errore madornale! Si tratta di marciume mal odorante che essi, per vecchioe ignobile costume, tengono nascosto, non pensando che lo sporco, se occultato, diviene sempre più sporco fino a marcire. Ritengo, con i miei articoli, quindi, di aver svolto un buon servizio alla diocesidopo aver sentito, in modo discreto tanti preti, di aver partecipato alle loro sofferenze. E adesso? Sto prendendo attentamente in esame ben 146 fra email, messaggi e altro che i preti mi hanno inviato, negli ultimi tre anni, che hanno dato spunto ai miei articoli. Essi danno uno spaccato della vita e della psicologia dei preti messinesi, che merita di essere conosciuto e interpretato. Cosa che inizierò a fare in questo periodo in cui sono in Sicilia, dove ho anche la possibilità di parlare con alcuni di loro. Da una “sommarialettura dei contenuti”ho l’impressione che emerga un’immagine dei preti con i quali sono venuto a contatto, mediamente immaturi, eterni adolescenti (pur avendo superato gli “anta”), problematici, molto spesso ipocriti,incapaci di prendersi le responsabilità di quel che dicono o fanno, che considerano il vescovo non come un pastore ma semplicemente come un datore di lavoro eun distributoredi benefici. La loro connotazione che, a mio parere è evidenteèil carrierismo, così tanto combattuto da Papa Francesco. Se tutto ciò dovesse risultare definitivamente provato dall’esame al quale saranno sottoposti i messaggi e le email a suo tempo inviatimi, l’arcivescovo Accolla ha molto da lavorare.