La dignità delle persone sempre al primo posto. Perché calpestarla completamente significa barbarie, parificabile ai delitti più efferati. Ed in questi giorni bollenti per le ripetute “bolle africane” che stazionano, attanagliando l’Italia, la barbarie si sta consumando nella gran parte degli istituti di detenzione italiani, con i locali comuni ed in particolare le celle, ridotte a vere e proprie minuscole fornaci, con temperature prossime ai 50 gradi in alcuni casi, dove i reclusi, oltre all’ordinario problema del sovraffollamento, stanno subendo la tortura di una calura asfissiante e senza possibilità di scampo. Molte carceri, specie quelle più recenti sono, infatti, costruite in cemento armato che diventa rovente con l’esposizione solare e con il vento caldo che trasforma in supplizio ogni ora della giornata, senza possibilità di alcun rimedio se non quello “istantaneo” della doccia o in escamotages di fortuna come quello di mettere il corpo in sacchi di plastica riempiti d’acqua o i soli piedi nei secchi e stracci bagnati sulla fronte, come ci riportano le numerose e convergenti testimonianze di tanti che si sono trovati ristretti a “Borgo San Nicola” a Lecce o in altre località del territorio nazionale. Anche le ore d’aria concesse sono spesso evitate per l’irraggiamento eccessivo che colpisce i cortili all’uopo dedicati, rendendone impossibile la fruizione. Insomma, un vero e proprio girone dell’inferno dantesco che riporta la mente a condizioni di detenzione medioevali lette nei libri di storia, con un rischio di ulteriore imbarbarimento di chi vive questa terribile situazione e con ricadute inevitabili sul principio primario di rieducazione che scompare di fronte alla realtà dei fatti. È bene che tutti conoscano un problema che viene percepito come lontano dalla vita di tutti i giorni dalla collettività, come se coloro che si trovano in carcere siano degli alieni o addirittura meritevoli di subìre i trattamenti degradanti cui sono sottoposti. L’espiazione della pena o l’attesa degli esiti di un giudizio che potrebbe – come accade in molti casi – veder assolto il prevenuto, non può trasformarsi in tortura, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Una seria politica di efficientamento energetico degli edifici penitenziari, attraverso la realizzazione d’impianti di autoproduzione dell’energia elettrica necessaria al sostentamento, potrebbe rappresentare una soluzione per la riduzione dei costi e quindi un investimento a medio termine, anche per la dotazione di adeguati impianti di condizionamento dell’aria, assolutamente indispensabili in periodi come questi per rendere minimamente vivibili gli ambienti. Rivolgiamo, quindi, un appello al Ministro della Giustizia Orlando affinché compia in questi giorni un giro di visite nei molteplici istituti penitenziari che si trovano in queste condizioni e avvii finalmente politiche di effettiva salvaguardia della dignità umana, calpestata dalla situazione reale che si vive nel Nostro Paese.