Dal Salmo 63
Ha sete di te, Signore, l’anima mia.
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.
Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.
Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.
Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.
di Ettore Sentimentale
Fra i salmi che vengono proposti dalla Liturgia delle Ore, quello in esame è uno dei più frequenti. È solitamente pregato alle Lodi della Prima domenica e a quelle di tutte le solennità. Il genere letterario di questa supplica è quello del ringraziamento, con toni di fiducia. Il contenuto del salmo svolge il tema della “ricerca” appassionata, continua e costante di Dio da parte dell’orante.
La prima metafora – altamente poetica – di cui il salmista si serve per descrivere la scelta fondamentale della sua vita ruota attorno alla “ricerca con molta attenzione” (traduz. lett. dell’espressione: “dall’aurora ti cerco”) di Dio. L’orante è avvolto da un desiderio immenso: il primo pensiero appena svegliato (all’aurora) è rivolto al Signore, così come un assetato brama l’acqua per poter sopravvivere all’arsura del deserto.
Mi pare di risentire, con le dovute differenze del caso, gli echi dell’anelito di Agostino: “Et inquietum estcor nostrum donecrequiescat in te” – “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Conf. I, 1).
Mosso solo dal radicale desiderio di Dio, il salmista si presenta nel tempio per “ruminare” ancora sulle esperienze passate e nel farlo contempla la potenza e la gloria di Jahweh. E stando al cospetto di Dio, l’orante afferma (anzi fa la professione di fede) che c’è qualcosa che vale molto di più della vita stessa: è l’amore di Dio, la pienezza con la quale Dio investe e riveste tutti gli uomini: “Il tuo amore vale più della vita”.
Questa è una certezza fondamentale con la quale ci dovremmo confrontare. Ma non è tutto. C’è un ulteriore passo vitale. Il salmista che ha gustato e veduto com’è buono il Signore, si impegna a benedirlo e a pregarlo costantemente: “le mie labbra diranno la tua lode…ti benedirò…nel tuo nome alzerò le mie mani…”.
La lode costituisce quindi la presa di coscienza dei prodigi di cui siamo destinatari, senza di essa l’iniziativa divina resta monca.
Con un’altra metafora, di immediata risonanza poetica, il salmista articola la sua lode “irresistibile”. La comunione con Dio è più dolce e sazia meglio di qualsiasi alimento. Sostiene e motiva l’orante, gli dà forza per affrontare la vita di ogni giorno: “quando penso a te che sei stato il mio aiuto…la tua destra mi sostiene”.