Dal Salmo 95
Ascoltate oggi la voce del Signore
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».
di Ettore Sentimentale
Quest’inno – già incontrato alla III Dom. di Quaresima – è uno dei più conosciuti del salterio, nel quale apre una breve serie di salmi regali (96-99). Le fortune di questo scritto sono da ricercare alla rilettura che ne fa la Lettera agli Ebrei, quando incoraggia i cristiani a camminare verso la Terra promessa, che non è più la meta della marcia della Ebrei, ma il Regno di Cristo (cfr. Eb 3,7-11).
Nel giudaismo era strettamente collegato alla celebrazione del Sabato. I cristiani, come accennavo precedentemente, lo pregano come invitatorio all’inizio della Liturgia delle Ore del giorno.
Nel contesto odierno, la Liturgia della Parola lo propone come risposta a Ez 33,1.7-9, ove Jahweh invita la “sentinella” a vegliare sulla condotta del “malvagio”, della cui perdizione il profeta deve sentirsi responsabile se non lo avesse avvertito in tempo attraverso il suo annuncio.
Dopo questa breve contestualizzazione, è opportuno tornare al testo per coglierne il messaggio globale. La scena centrale cantata dal salmista descrive i fedeli nell’atto in cui si affrettano ad entrare con gioia nel tempio di Dio. Appena arrivati, tutti si prostrano davanti al Signore creatore di tutto ciò che esiste. Lo fanno in atteggiamento di adorazione, quasi a pendere dalle Sue labbra, rimanendo a bocca aperta davanti alla grandezza di Dio e alle meraviglie del suo amore.
Anche noi siamo invitati a entrare nella “casa di Dio” e celebrare una liturgia coinvolgente: “Venite, cantiamo, acclamiamo, rendiamoGli grazie…”. Proprio l’ultimo verbo immerge in un grande tema biblico: il rendimento di grazie. Oggi diremmo: il nostro grazie trova il suo sbocco naturale nell’Eucaristia.
Questo passaggio richiama da vicino la fondazione di Israele, iniziata la notte di Pasqua (Esodo) e sperimentata nel deserto. La scrittura infatti afferma che il Signore ha guidato il suo popolo nel deserto conducendolo come fa un pastore con il proprio gregge.
Ora, nel nostro salmo la parola più importante è “OGGI”, perché è “oggi” che il Signore ci incontra ed è “oggi” che Jahweh non esita a metterci in guardia dall’avere il cuore “indurito”. Chiudere il cuore oggi alla Parola fa precipitare nella “tentazione e provocazione” nei confronti di Dio e si misura dalla mancanza di orizzonti larghi e dal fiato corto e affannato nel servire i fratelli.
Il salmo ci offre un rimedio perché rappresenta un tempo di sosta, di valutazione del proprio cammino, di ritorno al Signore.
Il vangelo di questa domenica che invita i discepoli alla correzione fraterna e alla preghiera fiduciosa si armonizza bene con l’invito a non mettere alla prova il Signore, ma il nostro desiderio di ascolto.