Con l’anno scolastico, torna lo spettro delle classi pollaio: è divenuto un caso nazionale la classe-record da 37 alunni a Milano, come ha destato scalpore una primaria di Malo, nel vicentino, da 30 allievi perché è stata allestita senza considerare la presenza di un alunno con disabilità grave. Non sono da meno i diversi gruppi-classe extra-large sulla costa adriatica. E nemmeno la classe a Genzano, in Lucania, da 26 alunni anche se le condizioni di sicurezza non lo permettono.
Se si è arrivati a questo punto il motivo è nell’innalzamento del numero di alunni per classe: una tentazione al risparmio statale facile, sulla pelle dei giovani in formazione, a cui alcuni degli ultimi Governi non sono riusciti a resistere. Il fenomeno, inoltre, è tipicamente italiano: in Francia, ad esempio, da quest’anno in alcune zone del Paese ogni classe avrà soltanto 12 alunni. A rendere inspiegabile la situazione è anche il dato sulla riduzione sensibile di alunni a livello nazionale: solo quest’anno se ne contano 33mila in meno rispetto al 2016/17. Nell’ultimo triennio quasi 100mila. Anche le previsioni indicano che la tendenza non si arresterà, perché non è casuale ma da correlare allo stop della crescita degli alunni stranieri iscritti nelle nostre scuole: l’Istat ha calcolato, riassume La Repubblica, che “fra cinque anni il calo degli alunni potrebbe attestarsi sulle 361mila unità e fra 10 anni sulle 774mila unità”.
“Partendo da questi numeri – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – viene da chiedersi come mai non si colga l’occasione per ridurre il numero di alunni per classe, che nelle prime classi delle superiori supera spesso le 30 unità. È un problema di notevole portata che rende difficile l’insegnamento del docente e l’apprendimento del discente. Tra l’altro, nel gruppo-classe sono spesso presenti, oltre agli alunni con certificazione di disabilità, anche alunni con problemi di apprendimento a vari livelli di cui non si tiene conto e le lezioni diventano ancora più difficili da svolgere, poiché necessitano di diverse programmazioni, azioni educative e valutazioni personalizzate non sempre di facile gestione”.
“Si rasenta l’assurdo – continua Pacifico – quando l’ufficio scolastico arriva a ignorare, non accade di rado, la presenza in classe di casi ‘certificati’, con sostegno annesso: una presenza che riduce sensibilmente la soglia sempre più alta oltre la quale scatta lo sdoppiamento. La Legge 107/2015 è stata una delusione, perché ha introdotto nuove norme inutili, dopo aver pure cercato di alzare le soglie. Avevamo chiesto precise garanzie nell’attuazione della delega della Buona Scuola su sostegno, ma senza averne riscontro”.
Diventa interessante, a questo proposito, andare a rivedere i contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009, introdotto con l’ultimo Governo Berlusconi, in base al quale anche in presenza della deroga del 10% stabilita dall’art. 4 per ogni ordine di scuola, in casi eccezionali si possono formare classi rispettivamente fino a un massimo di 26-28 alunni nella scuola dell’infanzia e primaria, fino a 27-30 alunni in quella secondaria di primo grado e fino a 30-33 alunni nella scuola secondaria di secondo grado.
Sono “tetti” più alti dei precedenti, disposti principalmente dai decreti ministeriali del 18 dicembre 1975 e 22 agosto 1992, oltre che dalla legge n. 23 del 1996, attraverso cui si stabiliva che il rapporto alunni-superficie scolastica non avrebbe dovuto superare 1,80 metri quadrati ad alunno nella scuola dell’infanzia e primaria, e 1,96 nella scuola secondaria. All’approvazione del decreto n. 81 del 2009 si sarebbe dovuta attuare una fase di riqualificazione dell’edilizia scolastica, condotta dal Ministero dell’Istruzione assieme al Mef, per evitare che quell’innalzamento recasse problemi di sicurezza nei luoghi pubblici. Ma quell’adeguamento non c’è mai stato. Una mancanza che diventa gravissima dal momento che oggi abbiamo quasi 250mila iscritti disabili sparsi per le scuole della Penisola.
Ad essere aggirato, infine, è il diritto allo studio e alla formazione. Ricordiamo, a questo proposito, se vi sono alunni con disabilità grave, la normativa vigente prevede che “il numero complessivo dovrebbe essere al massimo di 20 alunni, in modo da facilitare i processi di integrazione e d’inclusività”. La norma di riferimento è sempre il DPR 81/09 che consente una riduzione del numero di alunni per classe, restando però nel limite dell’organico assegnato alla scuola: significa che non verrà assegnato personale aggiuntivo per la formazione di nuove classi meno numerose, ma gli studenti dovranno essere distribuiti nelle altre classi, le quali diverranno numerose. È compito del dirigente scolastico prevedere un’equa distribuzione degli alunni disabili tra le varie classi. Qualora l’alunno disabile ravvisasse delle problematiche non gravi si potrebbe arrivare anche a 25 alunni complessivi. E comunque sempre con non più di due alunni disabili con problematiche non gravi, come indicato chiaramente dalla stampa specializzata, che ha ripreso l’art. 5, comma 2 dello stesso DPR.
E siccome le norme sono fatte per essere applicate, i giudici non possono che dare ragioni a chi ricorre contro chi le aggira: una sentenza esemplare, in questo verso, è la n. 1367 del 19 settembre 2016, con cui il Tar della Toscana, sezione di Firenze, con cui il tribunale ha dato ragione al genitore di un alunno disabile iscritto al primo anno di un liceo di Firenze che chiedeva l’annullamento del provvedimento con cui era stata istituita una classe da 31 studenti, tra cui due alunni con patologia invalidante. “Con tale ricorso – ha spiegato la stampa specializzata – si evidenziava come l’inserimento del ragazzo disabile in una classe di trentuno alunni (definita come “classe pollaio”) violasse il diritto costituzionale alla istruzione e alla integrazione scolastica, pregiudicando il corretto svolgimento della didattica e la stessa inclusione dei minori disabili”: una pronuncia, spiegano gli addetti ai lavori, che “darà luogo a numerosi ricorsi in opposizione alla prassi delle scuole italiane di infrangere la normativa vigente”.
Laddove l’edificio scolastico sia collocato in una zona ad alto rischio sismico, i limiti di presenze di allievi non devono andare oltre i 17 alunni per classe: a stabilirlo è stato, di recente, il Tar di Napoli, che ha dato ragione a un gruppo di genitori, che denunciavano la suddivisione di 43 alunni, di cui 5 disabili, in due sole classi. La soglia di 20 alunni, prevista in caso di alunni disabili gravi in classe scende a 17, proprio laddove vi sia anche un’alta possibilità di evento sismico.
Proprio su questo punto, la lesione del diritto allo studio degli alunni più bisognosi, i disabili, il presidente Anief, Marcello Pacifico, ha scritto in questi giorni alle scuole e alle famiglie, rilanciando l’iniziativa “Sostegno: non un’ora di meno!”: “l’obiettivo è ottenere il rispetto del diritto allo studio e all’integrazione scolastica dei nostri figli e dei nostri alunni che, attraverso certificazioni idonee, devono ottenere quanto previsto dalle normative vigenti a loro tutela”, ha scritto il sindacalista. I genitori, guidati dai referenti Anief, potranno richiedere la documentazione utile per presentare ricorso: “tutti i docenti, gli ATA e i Dirigenti Scolastici possono partecipare attivamente alla nostra iniziativa informando le famiglie e contribuendo a migliorare la nostra scuola”.