Dal Salmo 23
Abiterò per sempre nella casa del Signore
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male,
perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.
di Ettore Sentimentale
È la terza volta che in questo anno liturgico ci viene proposto il celeberrimo salmo 23 e per questa occasione vorrei riprendere e sottolineare alcune espressioni fortemente simboliche. A metà del testo leggiamo: “Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. Bastone e vincastro sonogli strumenti tipici del pastore. Non si tratta di un qualunque vincastro o bastone, ma di quelli del “mio pastore”. Da qualche settimana abbiamo assistitoalla transumanza delle pecore che tornano a valle dopo aver pascolato in montagna nel periodo estivo. In tale circostanza abbiamo notato facilmente come il vincastro e il bastone rappresentano l’insieme delle attenzioni più svariate per “disciplinare” il gregge. Fuori metafora, penso sia una bella consolazione sapere che la guida ci è dispensata, in qualsiasi manifestazione, da un pastore fedele che impiega i mezzi necessari per dare sicurezza ai destinatari delle sue attenzioni: i suoi figli, oggetto di amore tenero e deciso. Oggi, per un errato senso della libertà, c’è molta ritrosia a “farsi guidare”: molti – soprattutto giovani – rifiutano di essere aiutati a crescere nella fede. Eppure c’è un salmo che dà tanta pace e luce: “beato l’uomo che tu educhi, Signore” (Sal 94,12). Senza il bastone e il vincastro usati a nostro beneficio, diventa difficile al gregge percorrere il sentiero della vita e l’immagine che emerge è l’amara constatazione di Gesù che vede una moltitudine di “pecore senza pastore” (Mc 6,34).
Un’altra espressione che vorrei sottolineare è “Tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici”. Intrigante questa affermazione con la quale “la pecora” dice che la mensa è preparata “sotto gli occhi dei nemici”. È la terza caratteristica dell’ambiente vitale di questo salmo: deserto, valle oscura della morte, luogo dove si trovano i nostri nemici. Sono, in effetti, i nemici di questo mondo che vengono a frapporsi fra il Signore e noi, in modo da impedirci di godere di Lui. Ma, nella sua grazia, al Pastore delle nostre anime piace, attraverso l’opposizione di tanti avversari, farci gustare la gioia della sua comunione: da parte sua, proprio lì, non fa mancare nulla. Lui prepara la mensa davanti a noi (tutto è preparato da Lui e messo a nostra disposizione) perfino in presenza dei nostri nemici. E da parte nostra? C’è forse qualcosa che impedisce di sederci a questa mensa? Forse l’eccessiva ricerca delle “cose della terra” invece di “quelle del cielo” (cfr. Col 3,1s)…
L’ultima espressione che vorrei brevemente commentare rimanda al nostro ritornello: “tutti i giorni della mia vita abiterò nella casa del Signore”. Qui la pecora non considera più la sabbia del deserto, la valle dell’ombra di morte, il luogo dove dimorano i suoi nemici, ma volgendo lo sguardo in avanti contempla la casa…del Pastore, del Padre, la dimora della felicità celeste nella quale si vive “tutti i giorni con il Signore”. Oggi vi dimoriamo attraverso la fede, domani sarà piena e perfetta realtà.
Possa la meditazione di questo salmo farci gustare tutte le attenzioni del Buon pastore e insieme risvegliare la nostra doppia responsabilità: ascoltare la voce del Pastore “bello” e seguirlo (Gv10,3.27).