Dal Salmo 128
Beato chi teme il Signore
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
di Ettore Sentimentale
Il salmo proposto alla nostra attenzione appartiene ai “canti delle ascensioni” (così come si legge nel “titolo”, omesso dalla selezione liturgica). A tal proposito vi invito a leggere il pregevole testo di PINO STANCARI, I passi di un pellegrino. I canti delle ascensioni (salmi 120-134), Àncora, Milano 1992.
Tanti esperti collocano il nostro canto all’interno delle “catechesi della soglia”, ossia l’insegnamento offerto ai pellegrini che salgono a Gerusalemme per il culto e vengono “catechizzati” prima di accedere al tempio. Questa ipotesi sembra alquanto fondata, visto anche il contenuto “classico” che il carme racchiude.
Il canto si apre con una chiara affermazione che sta a fondamento del credo di Israele: la beatitudine e il benessere sociale e spirituale del pio israelita risiedono nel rispetto che lui ha nei confronti di Dio (“teme il Signore”) e nell’osservanza della Legge (“cammina nelle sue vie”). La descrizione della perfetta armonia con Dio, con se stesso e con la famiglia, l’orante la canta attraverso la ricca simbologia nutrita da metafore di immediata percezione e di sicuro effetto evocativo. Il quadro che deriva è semplicemente idilliaco.
In questa direzione vanno i riferimenti al “lavoro delle proprie mani” che genera felicità contagiosa e ogni bene umano; si allude alla “vite feconda” e ai “virgulti d’ulivo” segni di reciproca e premurosa attenzione fra i membri della famiglia e di entusiasmante speranza nel crescere la prole…
Per la vivace e genuina ricaduta dei risvolti familiari, questo canto è stato inserito fra i salmi della liturgia nuziale ed è fra i più gettonati dai nubendi.
Uno dei simboli più interessanti è offerto dalla “mensa” domestica che per i cristiani non può non richiamare la Mensa eucaristica.
Le due mense sono state arbitrariamente e negativamente contrapposte non nella teoria ma nella prassi: difficilmente oggi la famiglia intera si riunisce per il pranzo domenicale. Basti pensare al mancato riposo festivo perché l’economia richiede – soprattutto nel campo del commercio – di aprire le attività anche (soprattutto) la domenica, per accaparrarsi sempre maggior clientela.
Il vero motivo di questa “dispersione” però sta in un altro fattore sul quale ci si dovrebbe fermare a comprendere le dinamiche ad esso collegate: oggi la famiglia ha smarrito la consapevolezza che la Mensa è la vera molla dell’apostolato.