La legge di bilancio, come una arma di distrazione di massa, ha nascosto la nomina del nuovo Consiglio Superiore di Sanità, il terzo dell’era Lorenzin che evidenzia, però, a parere dell’Anaao Assomed, una ne-gativa coazione a ripetere.
La presenza femminile, larga ma non paritaria, specchio della transizione di genere che sta attraversando la professione medica, non è accompagnata da una altrettanto profonda impronta di rinnovamento ge-nerazionale, vista la rilevante gerontocrazia che mette in contraddizione il Ministro con la sua età se non con il suo genere. Non è mancato, però, un tributo alla modernità con la elezione del Presidente per ac-clamazione, evitando il fastidio del voto, magari a scrutinio segreto.
Quello che lascia sconcertati è il fatto che i requisiti di “altissima professionalità”, richiesti per fare parte dell’alto consesso, siano ritenuti appannaggio esclusivo, quasi genetico dell’Università, e di quella romana in particolare, e completamente estranei a quel personale del Ssn che pure il Ministro dovrebbe valorizzare per compito istituzionale. Le nomine ministeriali, infatti, continuano a configurare un monocolore universitario, come a dire che tra gli oltre 100.000 medici dipendenti del SSN nessuno può vantare il “profilo illustre e l’alta competenza” che, invece, sono nel DNA dei docenti universitari. Un organo consultivo del Ministro della Salute viene occupato da un altro Ministero.
Il significato politico, di cui forse il Ministro non è pienamente consapevole, è una palmare dichiarazione di sfiducia nei confronti del patrimonio professionale del SSN, se non una sua delegittimazione. Il Ministro della salute, evidentemente, per i medici ospedalieri deve avere una vera allergia, se solo in qualche indirizzo di saluto congressuale trova modo di riconoscere che essi rappresentano la “conditio sine qua non” di ogni cambiamento della sanità. Non era quello che speravamo quando abbiamo auspicato l’esistenza di un Ministro della Salute autonomo.
Colpisce, poi, il silenzio dei Partiti, e fin qui nessuna meraviglia, ed anche di quelle Regioni tanto gelose delle loro prerogative nelle nomine apicali del SSN, quanto indifferenti alla considerazione in cui sono tenute le risorse umane che tengono in piedi i loro servizi sanitari.
Ce ne faremo una ragione, come si farà una ragione il Ministro del fatto che i medici ospedalieri, moltissimi dei quali con curricula che niente hanno da invidiare a quelli della blasonata accademia, non si rasse-gneranno mai ad un destino di subalternità professionale, considerato evidentemente un corollario naturale del peggioramento delle condizioni del loro lavoro.