Dopo un assurdo blocco quasi decennale, questa mattina i sindacati Confederali – Cgil, Cisl e Uil assieme alle rispettive organizzazioni di categoria – hanno sottoscritto il contratto della vergogna: gli stipendi del personale della scuola verranno infatti incrementati di appena il 3,48%, una percentuale tre volte inferiore all’inflazione, nel frattempo aumentata di ben 14 punti. L’accordo economico raggiunto non copre nemmeno l’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale sul tasso di inflazione programmata, salito del 5,5%.
Nel tentativo maldestro di innalzare gli stipendi più bassi dell’area Ocse, dopo la Grecia e di adottare un aumento almeno pari a quello introdotto nel resto della PA, amministrazione pubblica e sindacati hanno deciso di assegnare “a pioggia” solo la metà del fondo nazionale del merito: producendo la bellezza di 4,5 euro a lavoratore, mentre l’altra metà dei 200 milioni annui verrà assegnata attraverso la contrattazione d’Istituto, in linea con quanto previsto dal decreto legislativo Brunetta 150/2009, dalla Legge Madia 124/2015 e dalla Legge 107 del 2015, tutti orientati alla valutazione e premialità dei dipendenti pubblici.
Il risultato in termini economici di questo contratto è che produrrà aumenti da 85 a 110 euro al lordo dipendente: pertanto, saranno decurtati mediamente del 35%, dopo la dichiarazione annuale dei redditi, sempre che siano al netto del lordo Stato (da dividere quindi per 1,3838). Questo significa che l’incremento previsto per un maestro dell’infanzia ad inizio carriera, comprensivo dell’elemento perequativo mensile, garantito peraltro sino a dicembre 2018, passerà dagli 85,50 euro ad almeno 55 euro. Gli stessi 110,70 euro assegnati ai docenti laureati della scuola secondaria di secondo grado si traducono in meno di 72 euro. E non abbiamo sottratto altre “trattenute”, da applicare per legge. Quindi, gli aumenti lordi che circolano in queste ore vanno fortemente decurtati. Francamente, si tratta di cifre così miserevoli che non meritano commenti.
Infine, il nuovo contratto nazionale della scuola continua a contenere delle norme illegittime, in particolare sui contratti a termine e sulla ricostruzione di carriera del personale immesso in ruolo, perché non recepiscono le sentenze della Corte suprema italiana. “Ancora una volta, l’Italia ignora le chiare indicazioni pervenute dalla Corte di Cassazione che ha disapplicato l’illegittima discriminazione e accordato cospicui risarcimenti ai danneggiati, oltre che della giurisprudenza comunitaria”, spiega il presidente nazionale Anief.
“È chiaro che un contratto di questo genere non può soddisfare noi come Anief-Cisal, ma nemmeno i lavoratori del comparto – continua il sindacalista autonomo -: come si fa a dire ad un dipendente della scuola che deve essere felice di vedersi accreditare solo un terzo della somma che il costo della vita gli ha sottratto negli ultimi anni? È il motivo per cui noi continuiamo a chiedere a tutto il personale, docenti e Ata, di rivolgersi in tribunale, per non soccombere dinanzi all’ennesimo accordo a perdere”.