Si nun mi vanti tu mi vantu ieu o dell’arte di farsi bello con i voti di Genovese

E’ passato sotto traccia un recente articolo della Gabanelli sul Corriere della Sera. Titolo: il lavoro del futuro, cosa conviene studiare. Si prende spunto da un dato fornito dal World Economic Forum. Il 65% dei bambini, da grandi, faranno lavori che ancora adesso non esistono. Cosa stiamo facendo per preparaci alla sfida che ci attende?
Il tema non è affrontato in questa campagna elettorale. Non poteva essere differente. Non ci sono statisti! “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista alla prossima generazione”. Così un certo Alcide De Gasperi. In un saggio di para-economia di oltre venti anni fa, balzo’ alla attenzione di diversi commentatori e studiosi un testo provocatorio e – per certi laici versi – profetico di Jeremy Rifkin dal titolo “La fine del lavoro, il declino della forza lavoro globale e l’avvento dell’era post-mercato”.
Mi piace sintetizzarlo ed estremizzarlo così.
Resisteranno solo due categorie. La genialità dell’artista e del creatore. Praticamente chi ha il dono della scintilla di Dio. La umiliazione di chi e’ disponile a ciò che macchine e robot si rifiuteranno di abbassarsi di fare. Praticamente la rivisitazione concettuale del servo della gleba (reale, virtuale e digitale).
Tutti gli altri tagliati fuori. Schiavi o emancipati dal o nel tempo libero. Dipende dai punti di vista.
Ci piaccia o meno saremo (la maggioranza) destinati a non lavorare e ad essere tutti “assistiti” da stati e governi (se resisteranno gli Stati e i governi).
Il politico di oggi ha il dovere di interrogarsi e di offrire risposte al lavoro che manca.
Lo statista sarà chiamato ad interrogarsi sul tempo libero.
Recuperare una idea non nuova, già intuita dalla speculazione filosofica greca dei tempi antichi.
La tecnologia rappresenta una minaccia o una opportunità?
Le intelligenze artificiali si sostituiranno al lavoro materiale e – persino – a quello intellettuale?
Che fine faranno le professioni tradizionali?
I titoli, scolastici e universitari, riceveranno ancora valore legale? Come convertire fabbriche, fossili industriali, uffici pubblici? Come dovranno conformarsi le città del domani?
Quali “beni” immettere su mercato? Quale ricchezza produrre e scambiare? Punti di domanda, assieme a tanti altri, che la campagna elettorale lasciera’ insoddisfatti.
Ovviamente, lascio ai pochi che vanno oltre le prime tre righe, di accogliere con beneficio di inventario quanto infra sino a censurarle come “minchiate” in libertà.
Con Rosaria Brancato … certo che m’arrabbio se vengono profanati territori e collegi.
Con Francesco Celi … certo che sono amico di D’Alia e Genovese … con qualche inquetitudine intellettuale diversa o in più.
I candidati sono stati pre-scelti, in gran parte per immagine esteriore e/o attitudine alla diffusione del verbo leaderistico.
Il segreto dei candidati calati dall’alto e dei capi elettori promossi dal basso?
La gente gente vuole sentirsi dire ciò che pensa e vuole.
Tutto qua.
In questo Forza Italia eccelle. Ma eccelle anche Salvini, Meloni, Grillo, Renzi e compagnia cantando.
Tutto qua.
Io esterno ciò che penso. Lo esprimo come mi piace, non andando alla ricerca dei “mi piace”. Direbbe Lucio D’Amico … talvolta anima critica. Già … talvolta.
Si nun mi vanti tu mi vantu ieu. ( … sono di origine mezzo calabrese).
Qualche anno fa l’ipotesi di una mia candidatura venne scartata perché considerato una sorta di patrizio della politica locale. Qualche giorno, invece, fa mi sono visto proiettato a capo della secessione della plebe nostrana.
E ora chi voto? Alla presentazione del défilé di Forza Italia non c’ero. Non c’era, suppongo neppure Franco Rinaldi, indegnamente da veti non solo della coalizione. Dove si sarebbero presi i voti? Nell’impegno diuturno, incessante, instancabile. Leggo (certamente da non faziosa) testata giornalistica: <<Altissima produttività quantitativa per Franco Rinaldi (Forza Italia), alla terza esperienza all’Ars: 42 disegni di legge, 44 interrogazioni, 8 interpellanze, 9 mozioni, 6 ordini del giorno>>.
Considero, tuttavia, al netto di sentimenti (e risentimenti) non praticabile una qualunque forma di assistenza o desistenza nei confronti del centro sinistra. La strada non è percorribile. Si aprirebbe solo un varco per una corsia preferenziale per il M5S. Non mi va di imboccare un senso unico verso il dirupo.
Pertanto, inghiotto amaro ripassando la foto di Nino Germanà … beato inter puellas … a Santa Maria Alemanna.
Voterò le nostre candidate nella speranza di dovermi ricredere. Peraltro, non mi turerò il naso. Aprirò le narici. “Una donna senza profumo e’ una donna senza avvenire”. (Coco Chanel).
Il torto non è il loro ma della crisi dei partiti.
Un mio amico giornalista (Emilio Pintadi) mi ha indirettamente posto una domanda. Se fossi stato candidato tu, il criterio e il metodo, sarebbe cambiato? No. Non sarebbe cambiato. Tuttavia, non sarei cambiato neppure io.
Con Roberto Gugliotta … continuo con l’andatura indaffarata e sempre in altro occupata, da politico degli anni Settanta, il cui pregio non sono i muscoli o le vallette, ma una certa dimessa accortezza … e la tenacia di un pedalatore dicci’. Mai prono, mai trono, mai promo, mai domo.
Tutto qua.
Emilio Fragale