“In astratto è certamente giusto il principio per cui nella legittima difesa, la difesa debba essere proporzionata all’offesa, ma nel concreto, si tratta, tuttavia, di un principio che appare essere applicabile solo dopo i fatti di aggressione e durante la fase di valutazione degli stessi fatti. Mentre si è sottoposti ad una aggressione, si agisce d’istinto senza pensare, non ci sono i tempi di una partita a scacchi, e molte volte se non si fa per primi una mossa, non c’è neanche la possibilità di fare una contromossa. In quelle frazioni di secondo, nessuno può capire sino a che punto e attraverso quali modalità vorrà effettivamente spingersi l’aggressore. In quelle frazioni di secondo, vi è anche nei soggetti più freddi e razionali, una predominanza del senso di panico che influisce con certezza sulle strategie difensive dell’aggredito. Al fine di rendere la legittima difesa più vicina alla realtà, ed al fine di non mandare in galera le vittime dei reati, è quindi necessario che attraverso le forme giuridiche ritenute più opportune, possa inserirsi nel codice una praticabile giustificazione per l’eventuale situazione di sproporzione tra la difesa e l’offesa”. Così in una nota alle agenzie, Giuseppe Maria Meloni, portavoce dell’iniziativa denominata Piazza delle Carceri e della Sicurezza del cittadino.