Arriva nelle udienze penali il primo faccia a faccia con la morte, per uno dei 5.000 magistrati onorari giorni fa disarmati dal Ministero della giustizia. La loro incolumità deve valere davvero poco se con un provvedimento ministeriale dello scorso gennaio fa si è vietato loro di portare con sé un arma da difesa personale.
Il motivo della decisione, argomenta la nota ministeriale, è che i magistrati onorari, non avendo uno stipendio e un posto fisso assegnato per concorso, ed essendo pagati a udienza, con un semplice gettone di presenza, previo superamento di una selezione che non contempla il superamento di un esame teorico ma solo la comparazione di titoli professionali, non concorrono a “costituire” l’ordine giudiziario, ma si limitano ad “appartenervi”, senza assumere la qualifica di magistrato di ruolo.
La sottile quanto azzardata distinzione tra “costituzione” e “appartenenza” all’ordine giudiziario non deve essere sembrata molto convincente al PM onorario di Milano che, in turno ieri pomeriggio per sottoporre al Tribunale la convalida di alcuni arresti notturni, si è trovato davanti a un detenuto che ha iniziato a percuotere in piena udienza il poliziotto che lo aveva in custodia, tentando di disarmarlo, ma riuscendo “solamente” a tramortirlo.
Il peggio è stato evitato grazie al fortunoso e tempestivo intervento di due agenti della polizia locale presenti per caso, che hanno immobilizzato l’imputato impedendogli di impossessarsi dell’arma da fuoco.
L’epilogo sarebbe stato ben diverso se il faccia a faccia col pubblico ministero onorario o con il giudice si fosse verificato fuori del tribunale, magari all’esito di una condanna sgradita all’imputato.
Consapevole di tali rischi professionali, evidentemente ignorati dal Ministero, l’associazione dei magistrati onorari, Federmot, aveva diffidato il Ministro del PD Andrea Orlando a revocare le disposizioni diramate dalla propria tecnostruttura, ritenute illegittime, per palese incongruenza logica e giuridica delle motivazioni addotte a loro sostegno.
Sulla base di un ozioso distinguo tra magistrati che costituiscono l’ordine giudiziario e magistrati che vi appartengono solo precariamente, la nota ministeriale espone a grave e gratuito pericolo l’incolumità dei giudici e dei pubblici ministeri onorari, discriminandoli rispetto ai loro colleghi di ruolo, ai quali continua ad essere giustamente accordato il porto d’armi inopinatamente revocato ai magistrati onorari e, nei casi di maggiore esposizione al pericolo, la protezione armata.
Non essendo assegnatari di scorte armate o di vetture di servizio, i magistrati onorari hanno chiesto al Ministro che almeno si consenta loro di continuare a provvedere, a proprie spese, all’acquisto delle armi da autodifesa e al loro porto senza licenza, anche in considerazione dell’effetto deterrente e dissuasivo che tale opportunità determina, a prescindere dall’effettiva detenzione dell’arma.
La nota ministeriale è stata peraltro diramata in fatale coincidenza col quarantennale della morte di Ugo Triolo, magistrato onorario assassinato dalla Mafia.
Non essendo pervenute risposte dal Ministro, i magistrati onorari hanno quindi affidato al Prof. Paolo LAZZARA, dell’Università di Roma Tre, la predisposizione di un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR) nel quale chiedono l’annullamento della nota ministeriale e…prima che sia troppo tardi… la sua sospensione cautelare.
Raimondo Orrù
Presidente Feder.M.O.T