Diritto, giustizia e pietà

Scrive Mattia Feltri, su La Stampa, di un fatto verificatosi ai primi del ‘900: un contadino abruzzese vide suo figlio, Ignazio Silone ancora bambino, ridere di un uomo che era portato via da due carabinieri. Il padre redarguì il figlio ammonendolo e ricordandogli che non si può ridere di un carcerato perché non può difendersi, perché può essere innocente e perché è un infelice. In quella frase di un contadino abruzzese, di più di un secolo fa, è raccolto il concetto di diritto, di giustizia e la pietà. Beninteso, non siamo buonisti, né abbiamo la tendenza a giustificare tutto. Quando qualcuno afferma che la colpa di un fatto compiuto da una persona, è da attribuire alla società, agli amici, ai colleghi, ai genitori, alla scuola, o altra causa esterna, ricordiamo che esiste sempre la responsabilità individuale. Vero è che la derisione, l’insulto, la villania, il dileggio fanno parte della comunicazione moderna. Si è già condannati prima delle sentenze, per partito preso, perché si è alla ricerca del capro espiatorio o dell’untore di turno. I media sono pieni di questi aspetti perchè aumentano le vendite e gli ascolti, cioè gli incassi per gli editori, che webeti, telebeti, facebeti, twittebeti non riescono a comprendere. Mala tempora currunt sed peiora parantur

Primo Mastrantoni, segretario Aduc