di Ettore Sentimentale
Alla fine di questo mese vivremo l’inizio del triduo pasquale, cuore dell’anno liturgico. Sono giorni nei quali, la Parola di Dio ci guiderà a riscoprire la grandezza, la profondità e l’altezza dell’amore di Dio (cfr. Ef 3,12). Come sfondo della nostra riflessione, scelgo ancora una brevissima pericope del profeta Geremia (23, 23-24). Farà da guida ai giorni nei quali sperimenteremo che in Gesù il Padre ci ama sempre di più, anche quando non lo sentiamo vicino.
23Sono forse io Dio solo da vicino / – oracolo di YHWH – e non Dio da lontano?
24Se uno si ritirerà nei nascondigli, / forse io non lo vedrò? / Oracolo di YHWH. I cieli e la terra non (li) riempio io? Oracolo di YHWH
Il contesto immediato in cui bisogna collocare questo brano è quello in cui Geremia parla dei “pastori che fanno perire il gregge” e dei profeti che “avrebbero dovuto annunciare al popolo le parole di YHWH e non le proprie”.
Prima di entrare nel vivo del commento, penso sia necessario soffermarsi – seppur brevemente – sulla ermeneutica di questi due versetti, la quale ruota attorno alle due valenze locali di “vicinanza” e “lontananza”. Se dovessimo dare più peso alla seconda essenza, vediamo che il profeta chiaramente intende affermare la trascendenza divina, oscurata dai falsi profeti. Costoro erano talmente convinti di avere Dio vicino da confondere la Sua parola con le loro fantasie. La prima valenza, invece, rimanda a una denuncia spietata contro i falsi profeti contro i quali Geremia presenta la vicinanza di Dio come una realtà più chiara e immediata di quanto si possa pensare.
Il commento che vi propongo si snoderà su questa duplice comprensione, presentandone la la ricchezza della reciprocità dialettica che il testo offre.
“Dio da vicino” o meglio “Dio vicino”, un’espressione che riassume l’esperienza fatta da Israele attraverso la tenerezza di Dio. Dio veglia sul suo popolo, “lo circonda, si prende cura, lo custodisce come la pupilla del suo occhio” (Dt 32,10). Ma il popolo ha fatto anche esperienza di un “Dio lontano” e Geremia se ne dispiace: “Perché sei come un forestiero in questo paese?” (14,8). È come se Dio non intervenisse più, non facesse più sentire la sua presenza. YHWHabbandona Gerusalemme – a cominciare dal Tempio – alla propria distruzione. Un salmo descrive plasticamente questo smarrimento: “Io grido di giorno e tu non rispondi” (22,3). Perfino i credenti devono vivere come se Dio non ci fosse.
Al tempo di Geremia, alcuni profeti preoccupati di tenere alto il morale del popolo, continuano a fare promesse in nome di Dio, ma in realtà – come accennato sopra – non fanno altro che dire menzogne. Si preoccupano unicamente di riempire il vuoto provocato dall’assenza di un’esperienza sensibile di Dio.
Il rimando a tante iniziative socio-pastorali con le quali si intende riempire il vuoto contemporaneo presente in molti strati dei fedeli, penso non si discosti molto dal modus operandi contraddittorio (oggi si direbbe paranoico) dei falsi profeti, bacchettati da Geremia… Anche il nostro profeta,tuttavia, soffre per il silenzio di Dio, ma lui – a differenza degli imbonitori – non può fingere. E accetta la sfida di vivere sommerso da numerosi interrogativi. Fin quando un giorno, riceve una risposta alle sue angoscianti domande: Dio non è solamente un “Dio vicino” ma pure un “Dio lontano”.
Il nostro Dio si “manifesta” non solo in un’esperienza di pienezza, ma anche nel vuoto dell’attesa. È bello pensare in questa direzione a quanto vivremo nel silenzio del sabato santo aspettando la risurrezione del Signore.
Paradossalmente l’esperienza di un Dio lontano, ha “obbligato” Geremia a una conoscenza più profonda del suo amore: “Da lontano [lett. “da molto tempo”] YHWH mi è apparso: ti ho amato di un amore eterno” (31,3). Se Dio si sottrae alla nostra “esperienza visiva”, è per farci scoprire un amore al di là di ogni nostra immaginazione. Se Lui “si sotterra” (la metafora è quella del chicco di grano, cfr. Gv 12, 24) e sembra inarrivabile, è per spingere pure noi, ad andare lontano, a prendere il largo (cfr. Lc 5,4), fedeli solo alla sua parola.
Concludo rielaborando con libertà una celeberrima preghiera di S. Agostino: “Gesù, tu sei sempre con noi, dentro di noi, più vicino del nostro cuore e noi ti cerchiamo altrove. Quando tu ci tieni lontano da te, lo fai perché attendi la crescita di un amore senza limiti”.