BARBARA GIANGRAVÈ
INERTI – Autodafé edizioni
Licenziata dall’azienda per cui lavora, la trentenne Gioia lascia Palermo, sua città d’elezione, e si trasferisce nel paese di provincia dei defunti genitori. Gioia vive appartata tra la casa e la libreria nella quale lavora come commessa, ma l’incontro con il suo vecchio amico Fabio, malato di tumore, la costringe a prendere atto di quanto il cancro sia diffuso, in misura anomala, nel paese. Inizia così la ricerca delle prove di un traffico illecito di rifiuti di cui tutti parlano, ma solo a mezza bocca. Alla ricostruzione del passato del borgo delle origini, si affiancano i ricordi e i traumi della vita familiare della protagonista. Con un ritmo incalzante, seguendo Gioia in presa diretta, il lettore viene coinvolto nella scoperta del lato oscuro dell’abitudinaria vita di un piccolo centro siciliano in cui il silenzio e la rassegnazione sono muri difficili da scalfire. E, nel contempo, accompagna il faticoso cammino della protagonista, chiamata a rimettere assieme i tasselli della propria esistenza. Il romanzo, nella sua finzione narrativa, nasce dal materiale raccolto dall’autrice per un’inchiesta su presunti intombamenti in Sicilia, incoraggiata dalle dichiarazioni che il pentito di camorra Carmine Schiavone le ha rilasciato un anno prima di morire, relative allo smaltimento illegale di rifiuti che, in Sicilia, sarebbe iniziato ben prima che in Campania: “Mentre noi abbiamo cominciato alla fine degli anni Ottanta, loro lo facevano da un decennio. Già negli anni Settanta loro erano immischiati in questo business”.
Barbara Giangravè è nata a Palermo nel 1982. Laureata in Scienze della Comunicazione, giornalista professionista dal 2006, ha lavorato per agenzie informative, testate giornalistiche online, uffici stampa. È stata insignita nel 2011 del titolo di Inspiring Woman of Italy per gli anni del suo attivismo antimafia. Ha viaggiato in Europa, America e Asia. Inerti è il suo primo romanzo.
Barbara, chi sono le anime che popolano l’universo di INERTI?
Inerti siamo noi, siamo tutti, in un momento storico in cui qualsiasi aspetto della nostra esistenza appare liquido, indefinibile e indefinito. La precarietà ci costringe a una vita da reinventare ogni giorno. Cosa che, da un lato, potrebbe apparire positiva per tenere sempre in allenamento la nostra mente ma che, dall’altro, non ci consente di fare progetti a lungo termine e ci sfianca.
Quanto c’è del tuo vissuto nella protagonista Gioia?
Nome di battesimo a parte, Gioia rappresenta il mio alterego, ma in una condizione di coraggio e di forza che oggi ho qualche difficoltà a ritrovare. Ho puntato un anno e mezzo della mia vita in questa scommessa letteraria e, al momento, non mi sembra di poter dire di averla vinta. Ma la vita, a volte, è più sorprendente della fantasia e il futuro, ancora tutto da scrivere, spero tanto sia quella vittoria che non ritengo di avere ancora conseguito.
Il taglio che hai dato al tuo libro non è quello di raccontare la criminalità per nomi e cognomi (quelli li troviamo nei faldoni delle carte giudiziarie, basta prendersi i verbali) ma più semplicemente di parlare del quotidiano delle persone e del tessuto sociale. Siamo davvero messi così male?
Per farci un’idea di come siamo messi, basta leggere i giornali o guardare i telegiornali. Non è solo la confusione politica che regna sovrana a spaventarci, ma anche le difficoltà che le persone comuni affrontano quotidianamente e che non coincidono con i tempi dei nostri governanti, a tutti i livelli: dal locale al nazionale. In senso più ampio, potremmo dire che oggi ci ritroviamo Inerti di fronte a un sistema che è collassato e che rende più difficile la possibilità di rialzarci. Ma difficile non significa impossibile.
Quali sono i provvedimenti che uno Stato intenzionato a combattere la criminalità dovrebbe prendere?
Sfortunatamente, non possiedo una ricetta per combattere il crimine. Non a caso, il mio stesso romanzo propone un finale totalmente aperto. Penso sia l’annosa questione della lotta tra bene e male, inquinata (è proprio il caso di dirlo!) da tutto ciò che, come dicevo all’inizio, assume sempre più una forma dai contorni difficili da individuare e, quindi, pericolosamente fluidi. Come il percolato delle discariche che si infiltra nei terreni.
Se lo Stato non mi dice che è conveniente essere onesti, questo Stato di chi è?
La risposta potrà sembrarti banale, ma questo Stato è di tutti. Questo Stato siamo noi. Ed è la nostra stessa confusione che genera questi mostri. Siamo disillusi, sfiduciati, quasi terrorizzati e ci muoviamo in maniera scomposta nel tentativo di non annegare. Solo che, esattamente come una persona che annaspa nell’acqua alta, più ci sbracciamo per non andare a fondo e più abbiamo difficoltà per risalire in superficie.
C’è una parte di paese che muore. Ma l’informazione che ruolo ha in tutto questo?
Più che l’informazione, dovresti chiedermi che ruolo ha l’editoria. E, per risponderti, uso un esempio recente. Da una settimana, i giornalisti di Askanews, agenzia di stampa nazionale, fanno i conti con una Cassa integrazione al 50%, che vuol dire la metà dell’organico effettivo in servizio e un taglio devastante sulle buste paga. Da quando l’editore e presidente di Bnl-Bnp Paribas, Luigi Abete ha rilevato l’agenzia, quasi 10 anni fa, gli investimenti più concreti e rilevanti sono stati la dote da 10,5 milioni lasciata dalla vecchia proprietà, Telecom Italia, e gli oltre 4 milioni versati dagli stessi dipendenti con le misure di cassa e solidarietà applicate negli ultimi 5 anni. Con quale spirito pensi si possa lavorare? Sacrosanto è il diritto dei cittadini a essere informati nel modo corretto, ma altrettanto sacrosanto è il diritto dei lavoratori a non vivere di sola gloria.
Domani dove sarà Barbara?
Barbara, in assoluta buona fede, aveva deciso di concedersi un anno sabbatico dal giornalismo per dedicarsi alla promozione della sua opera prima in giro per l’Italia, convinta che, dopo dieci anni di precariato, avrebbe dato una svolta alla sua vita professionale. Purtroppo, ha dovuto fare i conti con un altro aspetto del mondo dell’editoria, non molto diverso da quella da cui dipendono i mezzi d’informazione e oggi si ritrova a cercare un nuovo lavoro per mantenersi, nel deserto più assoluto. Vorrebbe rimanere a Palermo, ma non sa ancora se qualcuno glielo consentirà. Perciò, dove sarà domani è un’incognita con cui, suo malgrado, si relaziona da sei mesi ormai.