Come accade da tempo, anche per queste feste pasquali, i sindacati Cgil. Cisl e Uil hanno proclamato lo sciopero degli addetti al commercio al dettaglio per i giorni 1 e 2 aprile, Pasqua e Pasquetta. L’intento è di contribuire a far restare a casa gli addetti al settore e, puntando piu’ in alto, l’abolizione delle norme che liberalizzano gli orari degli esercizi commerciali, e per questo fanno appello ai vincitori delle ultime elezioni che (M5S in particolare) hanno piu’ volte detto che gli orari dei negozi devono essere regolamentati e seguire il ritmo delle ricorrenze della religione cattolica romana.
La questione, articolata in passato, sembra eterna. Infatti un referendum abrogativo fu bocciato diversi anni fa e gli orari continuarono a seguire il rito cattolico. Ma, complici le direttive comunitarie e i governi che non avrebbero potuto fare altrimenti, si e’ arrivati all’Esecutivo guidato da Mario Monti che ha liberalizzato e il Parlamento ha approvato.
I maggiori sindacati insistono. Probabilmente non ne sono convinti anche loro, ma forse hanno messo in automatico, a cadenza periodica fissa sui loro sistemi informatici, la diffusione di dichiarazioni e lancio di strali a favore, come dicono, dei valori della famiglia. Che forse non e’ piu’ quella di quando si andava in treno o con la corriera o con la Fiat 600 o la Giardinetta (per chi ce l’aveva) nei capoluoghi a fare la spesa nei grandi magazzini delle citta’… ma di questo forse non si sono accorti, cosi’ come temiamo non venga considerato che la quasi totalita’ del commercio al dettaglio oggi avviene nei negozi a grandi superfici, il cui punto di forza e’ -per l’appunto- la libera gestione dei propri orari in un regime di concorrenza, che incrementa consumi e impieghi.
Comunque. Ognuno si faccia le feste e le vacanze che ritiene piu’ opportune. Vada in chiesa, al centro commerciale, in campagna, nei musei, a far le file in autostrada, etc. Non e’ accattivante che ognuno sia libero? Sembra di no, per i nostri sindacati che -ma se ne rendono conto?- sminuiscono il valore dello sciopero come strumento estremo per affermare i propri diritti e le proprie rivendicazioni, trasformandolo in mero strumento del loro potere di veto. Per fortuna che consumatori e lavoratori -inclusi quelli di, per esempio, bar e ristoranti, ferrovie e aeroporti e vari servizi pubblici- sono liberamente altrove.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc