Sarà un 1° maggio molto triste quello che trascorreranno tanti lavoratori autonomi ed altrettanti ex. Ci riferiamo a quelli che a seguito delle limitazioni alle aperture in corso da mesi non possono esercitare la propria attività e, in particolar modo, a coloro che non lavorano più perché a causa della pandemia sono stati costretti a chiudere definitivamente l’attività.
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, tra febbraio 2020 e lo scorso mese di marzo l’occupazione tra il cosiddetto popolo delle partite Iva è scesa di 345 mila unità, pari a una contrazione del 6,6 per cento.
In questo anno di pandemia tanti artigiani, esercenti, piccoli commercianti, liberi professionisti e lavoratori autonomi non ce l’hanno fatta e sono stati costretti a gettare definitivamente la spugna. A marzo di quest’anno il numero complessivo dei lavoratori indipendenti presenti in Italia si è attestato a quota 4.893.000.
Se in questi ultimi 13 mesi la situazione è stata molto pesante, nei prossimi la situazione dovrebbe migliorare. Tuttavia, ricordiamo che secondo una recente indagine realizzata dall’Istat[2], sono 292 mila le aziende che si trovano in una situazione di seria difficoltà.
Sono attività che danno lavoro a 1,9 milioni di addetti e producono un valore aggiunto che sfiora i 63 miliardi di euro. Il numero medio di addetti per impresa di questa platea di aziende così a rischio chiusura è pari a 6,5.