"Nicola Cosentino non va in carcere. Lo ha deciso la Camera respingendo la richiesta della Procura di Napoli. L’indagine – scrive Vittorio Feltri in un editoriale sul Giornale – prosegue lo stesso anche se il deputato, anzichè in cella, andrà in aula o dove gli parrà. Giusto o sbagliato? In linea di principio siamo contrari alla privazione preventiva della liberta’, lo abbiamo scritto e detto mille volte e lo ribadiamo. In alcuni casi è necessaria. O, meglio, in tre casi soltanto: 1) quando vi sia pericolo di fuga; 2) quando vi sia il rischio della reiterazione dei reati; 3) quando vi sia il pericolo di inquinamento delle prove. Se Cosentino non è fuggito fino a oggi (è in ballo da anni per questa vicenda), è chiaro che non ha intenzione di farlo. Non è in grado di reiterare il reato perchè ha gli occhi di tutti addosso e ha già abbastanza guai. Non può nemmeno inquinare le prove perchè non ce ne sono e sono labili anche gli indizi. E allora non si capisce perchè debba essere arrestato. Lo si processi e, se risulterà colpevole dopo il terzo verdetto, non ci sarà santo: egli finirà dietro le sbarre. Il discorso non vale solamente per i membri del Parlamento ma per tutti i cittadini. In teoria. Ma in pratica le cose vanno spesso in modo diverso e cio’ dimostra che il nostro tasso di civilta’ giuridica e’ molto basso. Non appena un uomo (o una donna) finisce sotto inchiesta, c’e’ subito qualcuno che invoca punizioni esemplari: in galera, poi si vedra’.L’opposto dello spirito della legge. Nella presente circostanza c’e’ da inorridire: non per come si sia conclusa la votazione, ma per come si sarebbe potuta concludere. Infatti il voto dei deputati non e’ stato di coscienza perche’ non ce l’hanno, bensi’ politico. I partiti dispongono e i pecoroni ubbidiscono senza discutere. Peggio. Senza neanche leggere le carte fornite dalla magistratura affinche’ l’assemblea valuti se esista o meno il cosiddetto fumus persecutionis (il desiderio di incastrare l’indagato a ogni costo). Ora, anche chi non mastica di diritto e roba simile sa che non si puo’ avere un’opinione su un fatto se lo si ignora. La stragrande maggioranza dei signori deputati ha ammesso invece di non aver compulsato i documenti, ma di essersi fatta un’idea della faccenda ascoltando chiacchiere di corridoio oppure parlando con i colleghi della Giunta incaricata di dare un parere. E questo e’ gia’ disgustoso. In realta’, come spesso succede, Montecitorio si e’ spaccato in due tronconi: ‘colpevolisti ‘ per interesse di partito e ‘innocentisti ‘ (semplifichiamo) per interesse politico avverso. Insomma chi doveva sentenziare non e’ entrato nel merito specifico dell’inchiesta,ma si e’ attenuto agli ordini delle segreterie, salvo rare e lodevoli eccezioni. In sostanza, non ha emesso un giudizio consapevole e informato, ma si e’ fatto portatore di un pregiudizio. Il che e’ vergognoso. La sinistra in generale pretendeva che Cosentino filasse dritto in prigione perche’ berlusconiano, il Popolo della liberta’ pretendeva il contrario perche’ ‘non si abbandona uno dei nostri’. E la Lega? Prima pendeva dalla parte giustizialista (per dare soddisfazione alla base cui non dispiace il tintinnar di manette), seguendo le indicazioni perentorie di Roberto Maroni, poi e’ intervenuto Umberto Bossi (spinto forse da Silvio Berlusconi) che ha modificato il tiro dicendo (pilatescamente) ai suoi di agire secondo la loro testa. Stando ad Antonio Di Pietro, i ‘no’ all’arresto avrebbero prevalso sui ‘si’, sia pur di poco (309 a 298), perche’ Giorgio Napolitano si sarebbe adoperato per non creare problemi al governo, che avrebbe sofferto qualora il Pdl si fosse irritato per l’arresto di Cosentino.Ma questa e’ dietrologia alla quale non diamo volentieri credito. La segnaliamo per dovere di cronaca. Ci si domanda piuttosto se i padani, a seguito dello sbandamento, avranno al loro interno qualche ripercussione negativa. Puo’ darsi. La linea Bossi e la linea Maroni erano contrastanti e cio’ potrebbe aver inasprito i rapporti tra i due pezzi grossi del Carroccio. La giornata parlamentare di ieri, in chiave politica, si e’ quindi conclusa con una vittoria dei berlusconiani, notoriamente sensibili alle regioni del garantismo. Una giornata particolarmente felice per il plotone del Cavaliere, visto che la Corte costituzionale ha bocciato il referendum abrogativo sulla legge elettorale. La quale legge pertanto non sara’ modificata con un plebiscito (che non si svolgera’ neppure): semmai cambiera’ su iniziativa del Parlamento. Anche qui, secondo Di Pietro, avrebbe avuto influenza il capo dello Stato, al quale preme che Mario Monti lavori senza essere disturbato da polemiche che distoglierebbero l’attenzione di onorevoli e senatori dai problemi economici. D’altronde un referendum in materia di regole elettorali sarebbe stato stravagante. Come si fa ad abrogare delle norme se non ce ne sono altre sostitutive (pronte) per riempire il vuoto legislativo? Mistero. Sara’ per questo che la Consulta ha azzerato la consultazione. Per non incrementare il caos, mica tanto calmo, che affligge il Palazzo (il piu’ inerte del mondo)".