Buste paga di gennaio più leggere anche per i parlamentari e presto tetto massimo per le retribuzioni pure per i manager di Stato e per i ‘fuori ruolo’ che non potranno guadagnare più del primo presidente della Cassazione. Sui tagli ai costi della politica – spiega il CORRIERE DELLA SERA – il Parlamento e il governo ora si rincorrono, scegliendo lo stesso giorno per dare seguito, anche nei palazzi della politica, al giro di vite stabilito per tutti prima di Natale dal decreto ‘salva Italia’. I deputati ú secondo quanto ratificato dall’ufficio di presidenza con il voto contrario dell’Idv e l’astensione della Lega – subiranno una decurtazione delle competenze loro spettanti: il taglio oscilla tra i 1.250 e i 1.500 euro se si calcolano anche la diaria (-500 euro) e l’indennità lorda (-500 euro) che dal 2006 ha avuto una contrazione del 20 per cento. Dal 1o marzo, poi, i deputati non potranno piu’ assumere senza ‘pezze d’appoggio’ i collaboratori: su questo punto si e’ arrivati a un compromesso nella misura in cui gli onorevoli dovranno giustificare ‘con apposita documentazione’ almeno la meta’ della somma mensilmente ricevuta (1.845 dei 3.690 euro) per i portaborse ma anche per le spese di segreteria e di propaganda politica. Questo sistema, che premia ancora i versamenti ai gruppi di appartenenza, sara’ provvisorio perche’ l’ufficio di presidenza ha sollecitato l’assemblea a varare una legge entro la legislatura. Tuttavia la novita’ piu’ rilevante per gli eletti a Montecitorio e’ il passaggio (con il varo di un regolamento) dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo, come tutti gli altri cittadini. Addio, dunque, ai vitalizi che valevano il triplo delle pensioni ora previste a partire dai 60 anni (due legislature) o dai 65 anni (una legislatura). Anche se già 22 i deputati hanno presentato ricorso al consiglio di giurisdizione presieduto da Giuseppe Consolo. Inoltre, al presidente dell’assemblea, ai vicepresidenti, ai questori, ai segretari e ai presidenti di commissione verranno tagliate del 10 per cento le indennita’ aggiuntive di funzione con una rinuncia che oscilla tra i 700 e i 350 euro al mese.
Oggi si replica alle 15 con l’ufficio di presidenza del Senato che dovrebbe fare la sua parte. Eppure, nel giorno delle decisioni importanti sul taglio dei costi della politica, il governo Monti ha compiuto un deciso passo in avanti per calmierare anche i mega-compensi dei manager di Stato e dei grand commis. Ieri sera palazzo Chigi ha trasmesso ai presidenti di Camera e Senato, per i pareri, lo schema di un provvedimento che mette nero su bianco quanto deciso prima di Natale con il decreto ‘salva Italia’ su input dei partiti e in particolare del Pdl: in sede di conversione di quel decreto legge, il centrodestra volle inserire un emendamento per colpire i trattamenti economici dei capi di gabinetto e dei manager delle pubbliche amministrazioni che oggettivamente sembravano e sembrano spropositati. Cosi’ il presidente del Consiglio non ha perso tempo varando il dpcm che prende come riferimento, per stabilire il tetto massimo retributivo per i manager di Stato, il trattamento economico del primo presidente della Cassazione (dopo i tagli di agosto si parla di 9-10 mila euro netti al mese). Oltre non si potra’ andare anche perche’ il decreto prevede anche che i dipendenti collocati fuori ruolo presso altre pubbliche amministrazioni (ad esempio un magistrato del consiglio di Stato o un prefetto) potranno guadagnare al massimo il 25 per cento in piu’ rispetto al ‘trattamento economico fondamentale’. E su questo punto i problemi non sarebbero pochi. Primo: perche’ la norma dovrebbe valere anche per ‘i fuori ruolo in carica’ che potrebbero sollevare una marea di ricorsi. Secondo: perche’ il decreto Monti non prevederebbe eccezione alcuna, per cui in Parlamento gia’ ci si interroga su alcune caselle degli apparati (per esempio, quelle del direttore del dipartimento della Pubblica sicurezza o dei comandanti generali dell’Arma e della Finanza) che dopo una correzione del testo potrebbero non seguire la regola generale".