Riprende questa mattina a Palazzo Chigi la trattativa tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro. Il premier Mario Monti, nel corso di una intervista a SkyTg24 concessa ieri sera, conferma che è intenzione del governo arrivare a un accordo con le parti sociali entro marzo pur aggiungendo, come aveva fatto altre volte: ‘Non potremmo fermarci se non ci fosse un accordo, ma operiamo perchè l’accordo ci sia. Certo, non un accordo purchessia’. Ribadendo la volontà di procedere comunque alla riforma del mercato del lavoro, il presidente del Consiglio non usa parole da ultimatum e si dice convinto che ci sarà un esito positivo della trattativa: ‘Anche qui ho trovato molto senso di responsabilità e, pur nella diversità di prospettive, di interessi e di visione del mondo, una grande volontà di agire per il bene dell’Italia’. Sul merito della riforma, Monti auspica un accordo che per quanto riguarda ad esempio la flessibilita’ ‘modifichi e non annulli la tutela dei lavoratori e la trasformi da continuità del singolo posto di lavoro a tutela sempre più basata su una rete di sicurezza del singolo lavoratore, accompagnandolo nel trasferimento tra posti di lavoro o località’. La maggiore flessibilità, è l’opinione del premier, favorirebbe l’occupazione giovanile.
Sindacati e imprese si dichiarano intanto pronti a riprendere il negoziato. Ieri c’e’ stata una riunione durata oltre due ore tra Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confindustria. Si e’ discusso di contratti, flessibilita’ in entrata e uscita dal mercato del lavoro, di riforma degli ammortizzatori sociali, questioni su cui l’accordo sembrerebbe molto vicino ma non della riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, questione sulla quale non c’è unità di intenti. Susanna Camusso, segretaria della Cgil, reagisce con preoccupazione alle considerazioni di Monti sull’inevitabilità della riforma con o senza accordo: ‘Bisogna passare a una stagione più negoziale del confronto. Abbiamo ragionato sulla necessità che ci sia un salto di qualita’ nel merito della discussione, che si cominci davvero un negoziato per definire quali sono i confini e i contenuti della riforma che il governo ha più volte annunciato’.
Ottimista e’ Raffaele Bonanni, segretario della Cisl: ‘Sia per spostamenti da parte del governo, sia per alcuni discorsi fatti da noi, si puo’ andare avanti. Sicuramente il tempo c’è, possiamo lavorare bene. Anche se la materia e’ vastissima e sconfinata’. Conferma la disponibilità al confronto Luigi Angeletti, segretario della Uil: ‘Siamo pronti a iniziare una trattativa con il governo per raggiungere il risultato di fare un accordo sulla riforma del mercato del lavoro. Con le imprese abbiamo fatto un ottimo lavoro, analizzando tutti i punti che il governo ci aveva proposto’ Uguali considerazioni da parte di Giovanni Centrella, segretario dell’Ugl: ‘Mi sembra che ci siano le condizioni per trovare soluzioni condivise con il governo e per aprire una trattativa che porti a dei risultati, sempre che ci sia la stessa volontà da parte di tutti’. Sulla ripresa ufficiale della trattativa c’è tuttavia l’ombra della decisione della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, che ha deciso di indire per il prossimo 9 marzo lo sciopero nazionale della categoria e una manifestazione a Roma. Spiega Maurizio Landini, segretario della Fiom: ‘Le politiche del governo denotano una volonta’ esplicita di intervenire sull’articolo 18′. La Fiom si schiera di conseguenza a difesa di quella norma ed esclude ogni possibilita’ di trattativa su questo punto.
La posizione della Fiom rischia di essere una spina nel fianco della Cgil. Argomenta Landini: ‘Da parte del governo c’e’ la volonta’ precisa di una stretta applicazione della lettera della Banca centrale europea, siamo in presenza della volonta’ di voler mettere mano ai diritti per una licenzi abilità dopo la riforma delle pensioni. Siamo di fronte a riforme strutturali che denotano un’idea sbagliata di uscita dalla crisi’. Secondo le indiscrezioni dei giorni scorsi, la Cgil avrebbe esaminato senza pregiudiziali una proposta dell’esecutivo di riforma dell’articolo 18 che impedisce licenziamenti senza giusta causa nelle imprese con più di 15 dipendenti. Il governo propone la sospensione per tre o quattro anni degli effetti di quella norma nei confronti dei neoassunti in modo che tale interruzione possa favorire nuove assunzioni e combattere il precariato. Sindacati, governo e Confindustria sarebbero inoltre d’accordo nel stabilire tempi certi per il reintegro o la conferma di un eventuale licenziamento contro il quale venga impugnato l’articolo 18. Le lungaggini dei contenziosi giudiziari penalizzano le imprese, hanno più volte ripetuto i rappresentanti di Confindustria.