"La Ferrari è un`anomalia italiana: è l`unica cosa che all`interno dei nostri confini ci unisce (chi non tifa Ferrari?) e che all`estero ci fa sentire orgogliosi. Quello che si è appena concluso è stato un anno straordinario, e anche questa è un`anomalia italiana, vista la crisi che ci opprime: più 17,3 per cento di fatturato (2,251 miliardi di euro) e più 9,5 per cento di vetture consegnate (7.195). L`utile d`esercizio, nonostante i molti investimenti, è stato di 312,4 milioni di euro. Luca Cordero di Montezemolo – intervistato dalla STAMPA – non può che essere soddisfatto. E’ presidente da vent`anni. Quando arrivò, la Ferrari produceva un terzo delle macchine prodotte oggi; vendeva in 29 Paesi al mondo, oggi in 58; il fatturato è salito di quasi dieci volte, il numero dei lavoratori è raddoppiato. ‘Eppure – dice – la cosa di cui sono più orgoglioso è che abbiamo fatto tutto questo mettendo al centro l`uomo. Lei ha visto come lavorano gli operai in fabbrica. Abbiamo pensato anche alle loro famiglie: ai campus estivi per i figli, ad esempio. E poi l`ambiente: noi siamo, dal punto di vista energetico, onnivori, ma autosuffi’cienti’. Avvocato, come si diventa un`anomalia? ‘Alla base del successo c`e’ un marchio straordinario: noi l`abbiamo saputo valorizzare mantenendone intatte le caratteristiche originarie. E abbiamo puntato su tre cardini fondamentali: l`internazionalizzazione, gli investimenti in ricerca e innovazione, la valorizzazione delle persone. Sono questi gli elementi che permettono oggi a tante aziende italiane di crescere e produrre utili nonostante la crisi’. Tante ma ahime’ poche rispetto al complesso delle aziende italiane… ‘Il sistema produttivo e’ diviso a meta’. Chi ha investito nell`internazionalizzazione avanza, chi e’ rimasto confinato in Italia vive un momento di estrema difficolta’. Dall`analisi delle strategie per la crescita seguite da tante aziende italiane possiamo ricavare indicazioni utili anche per il Paese’. La crescita e’ il tasto dolente in questo momento, vero? ‘La sfida della crescita e’ il passaggio cruciale dei prossimi anni, piu’ che dei prossimi mesi. Per il Paese il traguardo e’ la fase positiva della globalizzazione, che e’ gia’ iniziata’. Non neghera’ che sulla crisi mondiale hanno influito anche certi eccessi della finanza? ‘Le dico di piu’: ci sono stati eccessi criminali. Questi eccessi, insieme con altri fenomeni che ci hanno penalizzato come la concorrenza sul fronte dei costi, hanno oscurato un dato fondamentale: i centinaia di milioni di nuovi consumatori che ogni anno si affacciano sul mercato. Il che vuoi dire altrettante persone che smettono di essere povere. Lo ricordo a beneficio di chi considera negativamente la globalizzazione anche da un punto di vista morale’. L`Italia puo’ cogliere questa opportunita’? ‘Non c`e’ Paese al mondo con caratteristiche piu’ appropriate per approfittare di questo momento. Marchi, risorse culturali, eccellenze produttive: per noi puo’ iniziare una nuova grande stagione di crescita e di sviluppo. Dobbiamo pero’ compiere uno sforzo di ridefi’nizione delle nostre priorita’, dirottando, tutte le risorse disponibili su cultura, impresa e lavoro, supportando le aziende nel processo di internazionalizzazione’. Non pare che questo sia successo, ultimamente. ‘Negli ultimi vent`anni in Italia si e’ fatto esattamente l`opposto. Abbiamo aumentato a dismisura le tasse sulle imprese e sul lavoro, privilegiando rendite e patrimoni; abbiamo fatto crescere i costi energetici, mantenuto un Welfare dell`esistente che alle nuove opportunita’… Abbiamo chiuso la strada agli investimenti stranieri, diminuito la produttivita’, abbandonato il nostro patrimonio culturale. Ber gli italiani, come per gli stranieri, investire in Italia e’ diventata un`impresa impossibile’. Qual e’ il rischio piu’ grave che lei vede oggi? ‘Che una cupa rassegnazione "paralizzi il Paese. Non basta il plauso della Bce o della Germania, dobbiamo convincerci che abbiamo ancora un futuro, ponendoci obiettivi ambiziosi perche’ l`Italia ha un grande potenziale. Questo e’ il compito della politica oggi: ridare fiato alle speranze degli italiani’. Provi a dare alla politica un suggerimento concreto. ‘La prima cosa e’ una ridefinizione del perimetro delle competenze dello Stato. Oggi abbiamo uno Stato debole ma pervasivo. Dobbiamo trasformarlo in uno Stato fortissimo ma che operi in un alveo piu’ ristretto. Per troppo tempo abbiamo attribuito alla politica e al settore pubblico un ruolo di indirizzo e gestione delle risorse eccessivo, che ha alimentato tra l`altro corruzione e malaffare’. Lei dice: piu’ societa’ e meno Stato? ‘Si’, io dico che bisogna avere piu’ fiducia nelle qualita’ degli italiani e lasciare maggior spazio all`iniziativa individuale. Poche regole chiare da far rispettare con intransigenza. Non e’ con il numero delle leggi o l`eccesso di burocrazia che si costruisce il senso civico. Se posso azzardare uno slogan: per cambiare gli italiani occorre prima di tutto cambiare lo Stato’. Adesso provi a indicare un provvedimento concreto da prendere subito. ‘Abbassare il carico fiscale totale sui produttori.
Luca Ricolfi ha stimato quello attuale al 68 per cento. Se per farlo occorre cancellare incentivi e agevolazioni sulle imprese, poco male. Questa e’ la piu’ efficace sferzata che possiamo dare all`economia’. Lei non ha mai espresso un giudizio sul governo Monti. ‘Ha fatto alcune cose fondamentali: una riforma definitiva delle pensioni, ha iniziato una lotta senza quartiere all`evasione fiscale e rilanciato la nostra presenza in Europa e nel mondo. Il bilancio dei primi cento giorni e’ molto positivo’. Che cosa manca ancora? ‘Nei prossimi mesi ci attendono le sfide piu’ difficili, a partire da quella sul Welfare. Mi pare che il governo abbia le idee chiare e la necessaria determinazione per vincere le resistenze corporative’. Si riferisce all`articolo 18? ‘Non solo. L`articolo 18 e’ un anacronismo, ma e’ solo una delle tante questioni sul tavolo. Dobbiamo sconfiggere il precariato e al tempo stessi’ non ingessare il mercato del lavoro. Per farlo occorrera’ rivedere tutto il sistema di Welfare’. In che cosa il governo Monti l`ha delusa? ‘Sulle liberalizzazioni. Si poteva fare molto di piu’, soprattutto nei servizi. Penso anche alle Ferrovie: la liberalizzazione ha permesso l`investimento privato di un miliardo di euro, duemila nuovi .posti di lavoro e un miliardo e duecento milioni di introiti per lo Stato in dieci anni che NTV versera’ per affittare la rete ferroviaria.
Tutto questo senza un euro di denaro pubblico. Adesso pero’ occorre piu’ coraggio nel liberalizzare le tratte regionali e un`Authority pubblica che faccia da arbitro tra i concorrenti’. Torniamo alla lotta all`evasione. Bastano i blitz a Cortina e Sanremo? ‘Certo che no, ma seppure con qualche eccesso mediatico, il governo sta agendo con decisione, dopo decenni di acquiescenza. E` importantissimo collegare, anzi vincolare per legge, i proventi della lotta all`evasione all`abbassamento delle aliquote fiscali. Lo proposi due anni fa e mi pare che il governo voglia andare verso questa soluzione’. Un altro merito del governo Monti?
‘E’, almeno temporaneamente, finito il clima di rissa che ha allontanato i cittadini dalla politica e dalle istituzioni.
Ora ci dividiamo sui contenuti. Questa sara’ l`eredita’ forse piu’ importante del governo tecnico e mi auguro che i partiti sappiano raccoglierla’. Manca poco piu’ di un anno alle elezioni. Che cosa puo’ fare ancora questo governo? ‘Deve reperire risorse per la crescita tagliando la spesa pubblica improduttiva e dismettendo beni dello Stato e degli enti locali. Ai partiti e al Parlamento competono le riforme istituzionali, il taglio dei costi della politica e la nuova legge elettorale. Sono contento che su questi punti, e in particolare sulla legge elettorale, sia partito un confronto tra Pdl, Pd e Terzo Polo. Mi auguro pero’ che non ne nasca un altro ‘mostro’ pensato per conservare piuttosto che per cambiare. Il rischio e’ che nel 2013 tra fi’nte liste civiche e mutamenti di nomi e leadership usate per coprire operazioni politiche vecchie, tutto cambi perche’ nulla cambi’. Capitolo Confindustria. Tra poco si scelgono i nuovi vertici. Sono in lizza Bombassei e Squinzi. ‘Due buoni imprenditori. Conosco meglio Bombassei, che ho apprezzato come capace vice presidente, come fornitore di eccellenza della Ferrari e come esperto di problemi del lavoro e del Welfare. Condivido le sue idee innovative rivolte al cambiamento. Trovo pero’ che il confronto stia avvenendo poco sui programmi e troppo su alleanze, promesse di presidenze e vicepresidenze e altre pratiche che non dovrebbero appartenerci. I prossimi quattro anni saranno decisivi ed e’ impellente una profonda riforma del sistema che tra l`altro i saggi portarono come priorita’ alla Marcegaglia e di cui non si e’ saputo piu’ nulla.
Concentriamoci sul futuro dell`associazione e misuriamo i candidati sulla capacita’ di visione. Torniamo a parlare alle imprese piuttosto che ai ‘professionisti’ della Confindustria’. Ultima domanda obbligatoria: vedremo Montezemolo in politica? ‘Faccio con passione il mio lavoro e non ho bisogno di cercare nuove occupazioni. Come del resto la maggior parte delle persone che collaborano con Italia Futura. Abbiamo pero’ tutti a cuore il domani di questo Paese. Se in vista del 2013 la politica dovesse mancare l`appuntamento con il rinnovamento che i cittadini pretendono, faremo la nostra parte per evitare una deriva che, questa volta, non lascerebbe piu’ alcuna speranza all`Italia’".