”La decisione della giunta regionale di impugnare il decreto ‘Salva Italia’ dinnanzi la Consulta, recita un copione gia’ tristemente visto". Lo dice Gianpiero D’Alia, presidente dei senatori dell’Udc e coordinatore siciliano, che ne spiega anche i motivi: "Secondo la giunta, infatti, il decreto violerebbe le prerogative proprie della Regione e, tra le norme impugnate, ci sono anche l’Imu e la riduzione dei trasferimenti ai Comuni dell’Isola, per i quali la Sicilia si troverebbe a dover far fronte senza introiti compensativi".
”La Corte Costituzionale – prosegue D’Alia – ha sempre pero’ respinto i ricorsi che la Regione Sicilia ha proposto in base al ‘conflitto di attribuzioni’ ed in ordine all’applicabilita’ degli art.36 e 37 dello Statuto della Regione, quelli che riguardano l’autonomia siciliana in fatto di tributi e redditi”.
”La nota sentenza n.116/2010 della Corte Costituzionale (relativa all’imposta sulle assicurazioni), inoltre – continua l’esponente centrista – ha sancito per l’ennesima volta che la tesi della Regione non puà essere condivisa, perche’ si pone in contrasto con l’interpretazione letterale, sistematica e storica delle norme statutarie e di attuazione dello Statuto. In più, ogni qualvolta lo Stato dichiara che un tributo serve per un’esigenza speciale, prima tra tutte le sue difficoltà finanziarie, e il decreto ‘Salva Italia’ ne è il piu’ concreto degli esempi, esso è legittimato a incamerarne tutte le relative entrate nelle proprie casse, Imu compresa. E anche questo è già stato sancito dalla Consulta”.
”Tutto ciò – prosegue D’Alia – non credo sfugga al presidente della Regione, Raffaele Lombardo, tantomeno agli insigni giuristi che ha all’interno della squadra di governo . E’ più probabile, invece, che si tratti dell’ennesimo disperato tentativo per reperire fondi con i quali tentare di chiudere il bilancio, che non è nelle condizioni di poter essere approvato e rischia la dichiarazione di dissesto finanziario con le relative sanzioni per il mancato rispetto del piano di rientro del disavanzo sanitario”. ”E non è forse un caso che l’unico argomento trattato con il governo nazionale – conclude il coordinatore regionale – sia proprio quello dell’abbattimento della compartecipazione regionale al fondo sanitario, dall’attuale 49,11% al 42,50%”.