Il 18 agosto 2011 cinquanta attivisti del movimento NO TAV sono stati denunciati per interruzione di servizio pubblico, in seguito alla protesta presso la Stazione di Avigliana, nel corso della quale 300 manifestanti hanno bloccato il treno in arrivo. Il 26 gennaio 2012 la magistratura di Torino ha trasmesso 26 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 15 obblighi di dimora e una condanna agli arresti domiciliari nei confronti di 42 attivisti accusati di resistenza, violenza, lesioni, danneggiamento aggravati in concorso durante la manifestazione del 3 luglio 2011. Il ministero dell’Interno annuncia ora misure che rischiano di trasformare definitivamente gli attivisti contro gli effetti nefasti dell’alta velocità in terroristi o quantomeno criminali comuni. E’ una strategia politica che purtroppo caratterizza da anni l’atteggiamento delle istituzioni italiane nei confronti dell’attivismo e della società civile. Nel dossier sui NO TAV, le autorità italiane arrivano a ipotizzare un’interpretazione ad hoc del 416, l’associazione a delinquere finalizzata al terrorismo. Quindi, l’arresto, anche successivo alle manifestazioni, per chi commette reati in piazza, nonché una riconsiderazione del reato di blocco stradale e ferroviario. Nessuno sembra considerare le ragioni del movimento che si oppone alla creazione dell’infrastruttura Torino-Lione in Val di Susa, mentre i rappresentanti del governo italiano ripetono all’infinito, senza ascoltare le ragioni della società civile che "l’opera va fatta". In realtà, vi sono ragioni sanitarie, ambientali, economiche e logistiche che suggerirebbero di annullare i lavori per un bene superiore. La linea, infatti, porterà danni irreparabili all’ambiente, distruggendo il paesaggio e devastando le falde acquifere. Gli scavi provocheranno inquinamento e dispersione di polveri nocive (anche amianto e uranio), che causeranno un grave aumento delle patologie cardiache e respiratorie. I NO TAV, inoltre, denunciano l’inutilità dell’intero progetto (visto che già ora i treni verso Lione viaggiano semivuoti), le infiltrazioni mafiose nella gestione dei fondi pubblici nell’àmbito dell’alta velocità (come del resto in tutte le grandi opere), i danni incalcolabili che l’industria del turismo e di conseguenza l’occupazione locale riceveranno a causa della nuova linea. Motivi sufficienti per chiedere che il Parlamento e il Consiglio dell’Unione europea intervengano con autorità per valutare i rischi di salute, ambientali, economici e di ingerenze criminali connessi all’alta velocità in Val di Susa nonché le violazioni istituzionali del diritto a manifestare da parte degli attivisti impegnati nella campagna NO TAV.
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