Nuovo round sulla riforma del lavoro che arriverà in Parlamento con un disegno di legge, decisione che verrà formalizzata dal Consiglio dei ministri odierno. Intanto si registra una frenata anche da parte della Cisl mentre il ministro Elsa Fornero assicura: "Indietro non si torna". Sulle ultime novità oggetto di lavoro e confronto fra le parti aggiorna un retroscena di Roberto Giovannini sulla STAMPA. "Stiamo cambiando le norme sui licenziamenti economici’, dice Raffaele Bonanni. ‘Il governo non cambia idea’, afferma Mario Monti. Sono vere tutt’e due le cose, pare. Il governo e’ molto preoccupato per la reazione della Cgil e di Pier Luigi Bersani, per gli scioperi spontanei, per i ripensamenti dell’Ugl e (minori) della Uil, per le obiezioni dei vescovi, per le critiche della Uilm e della Cisl di Milano. Ieri mattina una possibile soluzione (che però non soddisfa la Cgil, e difficilmente placherà il Pd) l’ha proposta a Mario Monti il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. (à) Il frutto di questa diplomazia si concretizza in qualche cambiamento della riforma del mercato del lavoro rispetto a quanto indicato dallo stesso governo martedi’ scorso. Ci sono alcune correzioni su alcuni aspetti dei nuovi ammortizzatori sociali e della flessibilita’ in entrata: ad esempio, arriva la cosiddetta ‘miniAspi’, l’indennita’ di disoccupazione che riguardera’ i lavoratori con carriere di precarieta’. La seconda novita’ riguarda proprio l’articolo 18. Monti ha parlato di ‘norme per limitare gli abusi’ per i licenziamenti economici, ma non vuole mollare sul principio di lasciare il solo indennizzo monetario per i licenziamenti economici, evitando il passaggio per il tribunale del lavoro perche’ sia il giudice (come avviene in Germania) a stabilire se ci sara’ reintegro nel posto o indennizzo. La soluzione seriamente considerata dal governo consiste in una serie di paletti per il datore di lavoro. In primo luogo l’azienda dovra’ dimostrare perche’ si licenzia un lavoratore anziche’ un altro; non potra’ sostituire il licenziato nella sua mansione con un altro collega; non potra’ assumere un nuovo dipendente per un certo periodo di tempo. Ma cambierebbe anche la procedura da seguire: invece di limitarsi a inviare una semplice comunicazione all’interessato e agli uffici del ministero del Lavoro, dovra’ avviare una sorta di ‘conciliazione’ consultando o un comitato misto impresa-sindacati o affidandosi a un ‘ombudsman’, un arbitro imparziale che dovra’ confermare che il licenziamento e’ ‘oggettivo’. Infine, sotto la pressione di molte categorie – medici e avvocati in prima linea – si sarebbe deciso di esentare dalle nuove regole sui licenziamenti i lavoratori dipendenti iscritti a ordini professionali. Medici, avvocati, ma anche i giornalisti. La terza possibile novita’, riferita da autorevoli fonti di governo come una ‘concreta ipotesi di lavoro’, riguarda l’iter legislativo della riforma. Non tutti sono d’accordo, a cominciare dal ministro Fornero, che teme ‘mostriciattoli’. Ma l’idea che verra’ discussa oggi dal Consiglio dei ministri prevede tre differenti strumenti legislativi. Per decreto legge urgente andranno le norme su apprendistato e flessibilita’ in entrata, per incentivare le assunzioni. Con una delega legislativa verra’ varata la complessa riforma degli ammortizzatori sociali. La riforma dell’articolo 18, invece, verrebbe contenuta in un disegno di legge".
E scoppia una nuova grana per l’esecutivo ovvero l’applicabilita’, o meno, dell’articolo 18 ai dipendenti pubblici su cui, scrive IL SOLE 24 ORE, "il Governo e’ caduto in un’empasse che ha costretto il ministro Fornero a ‘rinviare’ la palla al collega alla Funzione pubblica Patroni Griffi. ‘Non era mio potere intervenire – ha detto Fornero -, ma non vuol dire che non interverremo’. Ma oggi l’articolo 18 riguarda anche i dipendenti pubblici o no? La legge al riguardo e’ tranchant, quando spiega (articolo 51 del Testo unico del pubblico impiego) che lo Statuto dei lavoratori ‘si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti’. Da questa premessa discendono parecchie conseguenze. La prima, fondamentale, e’ il Dlgs 23/1993, quello che ha portato nell’ambito del diritto privato il pubblico impiego (con l’eccezione di docenti universitari, magistrati, forze armate, diplomatici e prefetti), che aveva introdotto il cosiddetto ‘trasformatore’ per disciplinare il passaggio ordinato degli ‘statali’ nella disciplina privata. In pratica, il principio prevedeva che la riscrittura di particolari istituti per adeguarli al mondo pubblico sarebbe dovuta intervenire entro le successive due tornate contrattuali. In caso di silenzio dei contratti, si sarebbe applicata tout court la disciplina privata, e sulle norme per i licenziamenti del personale nessuno ha fiatato. Un altro fattore importante arriva da contratti come l’ultimo siglato per l’area VI dirigenziale (agenzie fiscali ed enti pubblici non economici), in cui si prevede espressamente (articolo 13) la reintegra in caso di licenziamento illegittimo".
Ieri e’ stata la volta anche della Cei che, ricorda IL SOLE 24 ORE, ha rilevato: "’Il lavoratore non e’ una merce. Non lo si puo’ trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio’ ha detto l’arcivescovo Giancarlo Bregantini, capo-commissione Cei per il Lavoro, sulla riforma Fornero. ‘In politica – ha detto a Famiglia Cristiana – l’aspetto tecnico sta diventando prevalente sull’aspetto etico’. Bregantini, presule di Campobasso e gia’ a Locri – in prima fila contro la criminalita’ – ha speso parole che fino ad oggi nessun vescovo aveva espresso: ‘Bisogna chiedersi, davanti alla questione dei licenziamenti, chiamati elegantemente, con un eufemismo, ‘flessibilita’ in uscita’, se il lavoratore e’ persona o merce’. Parole che irrompono nel dibattito di una giornata-chiave. Tanto che in serata arriva anche una nota ufficiale della Cei, piu’ cauta: ‘La situazione del mondo del lavoro costituisce un assillo costante dei Vescovi. La dignita’ della persona passa per il lavoro riconosciuto nella sua valenza sociale. La Cei segue con attenzione le trattative in corso, confidando nel contributo responsabile di tutte le parti in campo, al fine di raggiungere una soluzione, la piu’ ampiamente condivisa’ ha affermato il portavoce Domenico Pompili".
Sulla riforma del lavoro REPUBBLICA intervista due esponenti democratici. Per Sergio Cofferati, ex leader Cgil, "senza modifiche radicali il Pd dovra’ votare contro". Secondo Cofferati, infatti, "’il quadro complessivo e’ negativo non solo su articolo 18 ma anche sui contratti atipici e sugli ammortizzatori. Nella proposta del governo l’articolo 18 e’ vanificato perche’ si da’ la possibilita’ a qualsiasi impresa di licenziare adducendo i motivi economici’". Critico verso il no alla concertazione un altro ex sindacalista, stavolta sulla sponda Cisl, Sergio D’Antoni che assicura: "’I miglioramenti sull’articolo 18 ci sono, grazie all’azione del segretario Cisl, Raffaele Bonanni e del Pd, e altri ce ne saranno in Parlamento’". Per D’Antoni, "’dei passi avanti di modernizzazione del Paese vanno fatti anche per quanto riguarda il mercato del lavoro. Penso che andrebbe seguito il modello tedesco – il ricorso in ultima istanza al giudice – e quindi la decisione tra reintegro e indennizzo. Secondo me, il modello tedesco andrebbe adottato anche con la partecipazione dei lavoratori alle decisioni di impresa’".