Da un recente sondaggio realizzato dalla CGIA di Mestre su un campione di 800 micro imprese con meno di 20 addetti distribuite su tutto il territorio nazionale arriva l’ennesimo sos di credit crunch. Secondo l’indagine telefonica realizzata nella prima settimana di questo mese da Panel Data per conto della CGIA di Mestre, negli ultimi 3 mesi solo il 24,6% degli intervistati ha dichiarato di aver richiesto un prestito ad una banca. Tra questi, 8 micro-aziende su 10 hanno denunciato grosse difficoltà di accesso al credito. Tra i motivi che hanno deteriorato il rapporto con le banche si segnalano le seguenti cause: l’aumento dei costi bancari (per il 40% dei casi); le procedure di erogazione troppo lunghe (32,5%); le richieste di garanzie eccessive(15%); tassi di interesse tropo alti (12,5%). Di rilievo anche il fatto che 1 azienda su 2 (precisamente il 53,2% degli intervistati) ha dichiarato di aver modificato il rapporto con la propria banca a causa della crisi economica e dell’andamento dei mercati finanziari. Le motivazioni sono molteplici e possono essere sintetizzate nei 4 punti successivi: aumento dei tassi bancari; rientro dei crediti gia’ concessi; richiesta di maggiori garanzie; mancato rinnovo di crediti precedentemente concessi. Infine, ben l’86,2% delle imprese intervistate ha dichiarato che nei prossimi mesi non si rivolgera’ presso un istituto di credito per chiedere un prestito. "E’ vero che le banche non sono degli enti di beneficienza e devono chiudere i bilanci in attivo – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – ma, vista la situazione che si e’ venuta a creare nel Paese, non possono limitarsi a fare da spettatrici, devono ritornare a rischiare in prima persona con le imprese per ridare fiducia ad un intero sistema produttivo. Il tentativo di suicidio che si e’ consumato ieri a Bologna, e’ l’ennesima dimostrazione che i piccoli imprenditori sono in difficolta’ e per questo vanno aiutati".
Nell’intervento del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera si e’ sottolineata la necessita’ di alleggerire il carico burocratico soprattutto per le imprese. Un problema ben noto alla CGIA che da tempo ha dimensionato il peso della burocrazia che grava sulle Pmi italiane: ben 23 miliardi di euro all’anno."I tempi e i costi della burocrazia – conclude Bortolussi – sono diventati una patologia endemica che caratterizza negativamente il nostro Paese. Non e’ un caso che molti investitori stranieri non vengano qui da noi proprio per la farraginosita’ del nostro sistema burocratico.
Incomunicabilita’, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese private e Pubblica amministrazione che non sara’ facile eliminare".