Ci sono solo ‘sospetti’ – che i giudici di merito avrebbero fatto meglio a non ‘adombrare’, in assenza di riscontri – e non prove concrete, sulla ‘connivenza’ che l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio avrebbe avuto nei confronti dell’ex banchiere Giampiero Fiorani nella vicenda dei falsi bilanci della Banca popolare di Lodi. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni della sentenza 14759 – depositata oggi e relativa all’udienza svoltasi lo scorso due dicembre – con la quale è stata confermata la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione emessa a carico di Fiorani dalla Corte di Appello di Milano il 16 novembre 2010.
Che Fazio possa aver mostrato ‘segni di benevolenza’ verso Fiorani, in ‘più riprese’, si evidenzia – rilevano i supremi giudici – in ‘più punti del verbale’ reso dallo stesso imputato, ma che ‘cio’ possa essersi tradotto in una vera e propria forma di connivenza è un mero sospetto che la Corte d’Appello ha adombrato ‘ad colorandum’, senza porlo a fondamento della propria decisione che, invece, si è basata su ben altri elementi’. ‘Ma se l’argomento non fosse stato toccato (piu’ opportunamente, giacche’ la motivazione della sentenza deve dar conto del convincimento raggiunto dal giudice, non dei suoi sospetti), la ‘ratio decidendi’ della pronuncia – prosegue la Cassazione dopo il rimprovero mosso alla corte milanese – non ne sarebbe rimasta minimamente intaccata’. Infatti, conclude la Cassazione convalidando comunque il verdetto d’appello, ‘l’esito favorevole di altri precedenti controlli non varrebbe in alcun caso a inficiare le risultanze del controllo ispettivo dal quale è scaturito l’accertamento delle illiceità che hanno dato luogo all’imputazione e, come si è visto, hanno contribuito all’apprestamento del materiale probatorio su cui si è fondata la pronuncia di condanna’. In base alle accuse, Fiorani, nella sua strategia di scalata alla Banca Antoniana Popolare Veneta, aveva falsato i bilanci degli anni 2003 e 2004 nascondendo gli esiti di una serie di operazioni finanziarie su contratti derivati stipulati con varie banche, con l’intento di dare una diversa rappresentazione del patrimonio di Bpi e facendo risultare per rispettato il coefficiente prudenziale.