Manca la prova che Daccò fosse consapevole dello stato di dissesto del San Raffaele poi approdato al concordato preventivo. E’ questa la motivazione con cui la Cassazione ha annullato la misura cautelare del carcere per Pierangelo Daccò accusato di bancarotta. Per la Suprema Corte "l’aspetto non risulta concretamente sviluppato dai giudici di merito".
Il problema è l’esistenza del dolo del concorrente estraneo nell’ambito del reato di bancarotta per distrazione. "Occorre che non si posta in dubbio la sua conoscenza dello stato di decozione dell’impresa da cui il denaro proviene" scrivono i giudici. Non si sono gravi indizi su Daccò in relazione alla "consapevole ed ingiustificata esposizione a repentaglio delle ragioni de creditori". La misura cautelare è stata annullata con rinvio in relazione alla motivazione. Adesso il Gip Vincenzo Tutinelli dovrà rifare il provvedimento.