‘Il Primo Maggio nacque come festa per celebrare una conquista sindacale: arginare il troppo lavoro, lo sfruttamento. La giornata lavorativa doveva fermarsi a otto ore. Oggi rischia di celebrare il contrario: il lavoro che manca’. E’ quanto si legge in un editoriale, firmato da Nicola Salvagnin, pubblicato dal Sir, l’agenzia dei vescovi italiani, preoccupati sia dei giovani sia dei lavoratori più anziani. ‘Un paio di milioni di giovani italiani non solo sono disoccupati – scrive il Sir – ma hanno pure perso ogni speranza: non cercano piu’ un posto, non studiano, non si specializzano. Vivono in un limbo’. ‘Si smetta, una buona volta, di usare il termine "bamboccioni" per qualificare giovani (e meno giovani) inchiodati in casa dalla mancanza di un reddito e dal bisogno di essere mantenuti’. ‘Il contratto a tempo indeterminato viene fatto firmare solo nel 4% dei casi. Il resto si arrabatta tra lunghe gavette, tentativi di concorsi, lavoretti a tempo, stage "formativi" (e non retribuiti), insomma quella – eccessiva – flessibilità che la riforma del lavoro firmata Elsa Fornero vorrebbe in parte contenere’. Per chi invece ha più di 50 anni, ‘le continue riforme delle pensioni, l’ultima in particolare, hanno spostato l’asticella dell’età pensionabile di un buon decennio. Peccato però che le aziende mal tollerino di pagare stipendi a chi ha meno freschezza di un giovane, meno elasticita’ e soprattutto una busta paga nel tempo cresciuta molto più di quanto si paghi un apprendista o uno stagista. E perdere il lavoro a 57 anni, oggidi’ è semplicemente una tragedia: nessuno ti vuole, alla pensione mancano almeno cinque anni’. Nel mirino anche i super stipendi di alcune figure: ‘E’ tempo di mettere gli occhi su certe retribuzioni. Come quella di un amministratore delegato – ma i casi simili fioccano qui come nel resto dell’Occidente – con uno stipendio da 2,5 milioni di euro annui, 200mila mensili, 6.600 al giorno Natale compreso’.